Articolo redatto da Serena Folco per la rubrica CollegARTI in occasione dell'incontro con il professor Vincenzo Farinella dell'Università di Pisa.
5 aprile 2017
Le Logge di Raffaello, committenze e significati
Incontro con Vincenzo Farinella
Serena Folco
Come spunto di riflessione iniziale Farinella ha suggerito un’analisi delle ragioni per le quali le Logge di Raffaello, situate al secondo piano del Palazzo Apostolico in Vaticano, si collocano tra le opere meno apprezzate e note del catalogo raffaellesco, motivazioni tra le quali viene individuata l’odierna difficile accessibilità degli ambienti, chiusi al pubblico nel XX secolo per assicurarne la tutela e preservarli dai flussi turistici dei Musei Vaticani. Il Professore ha invitato il pubblico a porre l’attenzione su un’incisione settecentesca del neoclassico Giovanni Volpato che ripropone la veduta interna delle Logge con la loro splendida decorazione, ambiente la cui chiusura con finestre nel XIX secolo ha alterato definitivamente l’effetto percettivo, la morfologia e la modalità di fruizione. La fortuna delle Logge raffaellesche, nel Settecento e nell’Ottocento, è stata però di portata internazionale: nel 1780 è per Caterina di Russia che viene replicato nelle officine romane l’intero apparato decorativo, al fine di essere spedito in patria ed introdotto nel suo palazzo (attualmente è conservato all’Hermitage di San Pietroburgo).
Il quadro di Turner dal titolo Roma vista dal Vaticano (1820), oggi alla Tate Britain di Londra, è stato un altro interessante, quanto inconsueto, suggerimento per la comprensione della portata storica dell’opera di questo grande artista. Realizzata dopo il soggiorno italiano del 1819, la tela si identifica come una sintesi del suo viaggio in Italia ed è significativo che Turner abbia rappresentato Raffaello nelle Logge in abiti cinquecenteschi con alle spalle una veduta romana settecentesca, quasi per sottolineare la perenne attualità sua e del suo capolavoro,, fonte di ispirazione e modello di imitazione per tutta la pittura moderna.
Dopo un’esaustiva introduzione sulla struttura dei loggiati di paternità bramantesca e prima committenza roveriana, il Professor Farinella ha proposto un’analisi precisa e dettagliata della documentazione storica che dimostra come le Logge fossero già praticabili nel 1516-1517 e come i lavori fossero sostanzialmente terminati nel 1519. In una lettera ad Isabella d’Este del 16 Giugno 1519, Baldassarre Castiglione scrive che le Logge “sono la più bella cosa moderna che si possa vedere a Roma”, ed altre fonti sottolineano come fossero utilizzate anche in veste di galleria antiquaria con l’esposizione di statue antiche quasi a proporre un confronto ideale tra Raffaello e il mondo classico.
L’intenzione del relatore di far cogliere l’effetto suscitato dalle Logge su un visitatore del Cinquecento è stata, grazie alle sue eccellenti capacità, pienamente realizzata. A partire dall’analisi della pavimentazione, attualmente un marmo grigio che sostituì nell’Ottocento un ricchissimo robbiano policromo, fino alla descrizione della decorazione parietale, il racconto del Professore ha reso palpabile agli ascoltatori la sensazione cromatica dell’insieme e percepibile il condizionamento politico sui visitatori generato dall’onnipresenza dei simboli del pontefice Leone X. La struttura, composta da 13 campate di circa 4 x 4 metri, presenta un sistema decorativo simmetrico studiato ad hoc al fine di raggiungere una perfetta armonia complessiva, suddiviso in quattro scene narrative di tema biblico-testamentario nelle volte, grottesche sui pilastri e sulle pareti, e una scena nella parte bassa, andata interamente perduta. Il riquadro centrale di ogni volta rappresenta una vittoria alata in stucco con emblemi araldici medicei quali il gioco o il diamante piumato. Soffermandosi su questo dettaglio dell’apparato decorativo Vincenzo Farinella ha posto l’accento sul tema centrale della conferenza, ossia la finalità celebrativa del papato mediceo che caratterizza tutta l’opera.
Leone X, grande mecenate delle arti quanto uomo di poter dalle azioni talvolta discutibili, è una figura storica affascinante e controversa. La presenza ossessiva nella decorazione delle Logge di riferimenti alla gloria del suo pontificato rende evidente il proposito dell’impresa. Il Professor Farinella ha analizzato con attenzione tutti i dettagli iconografici che tradiscono l’intento celebrativo, tra i quali i numerosi emblemi e simboli medicei, il riferimento alla nuova “età dell’oro” e alla Pax - elementi caratterizzanti la propaganda di Leone X - i numerosi ritratti e la curiosa raffigurazione dell’elefante donato al papa dal re del Portogallo. La scelta, poi, di porre in evidenza nelle scene narrative la figura di Mosè si inserisce perfettamente nella tradizione che faceva di questo personaggio un modello per i pontefici romani, riflesso delle loro ambizioni politiche, militari e legislative.
Il Professor Farinella ha spiegato di essersi chiesto, a un certo punto, quale fosse la funzione originale delle logge, interrogando ancora una volta i documenti storici. L’ipotesi più diffusa è sicuramente quella che le classifica come un luogo edonistico di passeggio e svago per il Pontefice. Però un ulteriore approfondimento, reso possibile grazie a un documento dei Gonzaga del 18 Agosto 1516, testimonia come Leone X usasse tenere udienze nella struttura, così come incontri diplomatici semi-ufficiali sono documentati già nel 1517: queste fonti sono un’ulteriore conferma della motivazione che sottende alla forte impronta autocelebrativa della decorazione di questi ambienti. Leone X compie, infatti, una vera e propria appropriazione ideologica del Vaticano - al momento della sua investitura pontificia, nel 1523, grondante di riferimenti alla famiglia della Rovere - attraverso una politica di immagini inneggianti alla grandezza medicea, riproposta anche nelle celebri Stanze raffaellesche.
Il coinvolgente intervento del Professor Farinella, ricco di spunti di riflessione e fortemente stimolante grazie alla sua capacità di rendere partecipi gli ascoltatori, è stato un momento di alto interesse culturale per tutto il pubblico presente e per gli studenti che hanno avuto la possibilità di riscoprire, attraverso il suo racconto e le immagini da lui proposte, uno dei più celebri monumenti della pittura italiana.