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Margherita Sarfatti e Palma Bucarelli: quando il genio della donna incontra la storia dell’arte

Articolo redatto da Maria Morando per la rubrica collegArti nell'ambito del ciclo di conferenze "Il Genio della Donna", organizzato dalla Città metropolitana di Bologna in collaborazione con il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna

29 novembre 2018

Margherita Sarfatti e Palma Bucarelli: quando il genio della donna incontra la storia dell’arte

Maria Morando

Il 29 novembre, nel suggestivo contesto della Sala del Consiglio di Palazzo Malvezzi, si è tenuto l'incontro con Rachele Ferrario dal titolo "Novecento: l’arte alle donne! Da Margherita Sarfatti a Palma Bucarelli. Da Carol Rama a Carla Accardi", nell’ambito del ciclo di conferenze Il Genio della Donna, organizzato dalla Città metropolitana di Bologna in collaborazione con il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna e a cura di Vera Fortunati e di Irene Graziani. L'incontro ha fatto luce su alcuni aspetti delle vite di due delle figure più influenti nel panorama artistico italiano del Novecento, Margherita Sarfatti e Palma Bucarelli.

Conosciamo Margherita Sarfatti principalmente come promotrice del gruppo Novecento, un movimento artistico sorto a Milano negli anni Venti, che accomunò artisti come Mario Sironi, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Anselmo Bucci, Emilio Malerba e altri. Palma Bucarelli ha, invece, ricoperto il ruolo di direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma tra il 1942 e il 1975. Rachele Ferrario, docente di storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Brera e collaboratrice del Corriere della Sera, ha in passato dedicato a queste figure due volumi: Regina di Quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli e Margherita Sarfatti. La regina dell'arte nell'Italia fascista, editi da Mondadori rispettivamente nel 2010 e 2015. Si tratta di due personalità molto diverse tra loro, che Rachele Ferrario ha saputo raccontare a partire dal particolare momento storico in cui sono vissute.

Di Margherita Sarfatti, reagendo ad una sorta di damnatio memoriae dovuta alla sua collaborazione con il regime fascista, Rachele Ferrario ha cercato di indagare le scelte in ambito politico ed ideologico, esaminandole alla luce di fattori anche personali. Ad esempio, la sua adesione ai valori nazionalisti e ultra-patriottici del primo fascismo è stata in parte ricollegata alla prematura scomparsa del figlio, arruolatosi di nascosto dalla madre e morto in battaglia. La sua contestazione della conquista fascista dell’Etiopia (che la portò a chiedere addirittura a D’Annunzio di opporvisi), ma ancor più le lettere inviate alla figlia - in cui esplicita il senso di colpa e la coscienza degli orrori del fascismo - dimostrano come le sue scelte, seppur riprovevoli sotto numerosi aspetti, vadano tuttavia riconsiderate, per trovare al loro interno una visione non priva di senso critico verso il fascismo e il suo leader. Così, ad esempio, Margherita Sarfatti consigliò a Mussolini di evitare lo scontro con gli Stati Uniti dopo una sua visita alla Casa Bianca, in occasione della quale si rese conto di quanto fosse potente la forza militare degli Americani. Altrettanto, fu sempre antitedesca, e non appoggiò l’intesa tra Mussolini e Hitler, atteggiamento che la allontanò sempre più dal movimento fascista. Margherita era, e questo va sottolineato, ebrea; nata nel 1880 a Venezia, era stata cresciuta in una famiglia particolarmente agiata da un padre che l’aveva messa in contatto con i circoli intellettuali del tempo fin dalla sua più giovane età. Rachele Ferrario ha chiarito come, tra il 1933 e il 1934, nel corso del viaggio in America, avesse frequentato circoli femministi, a dimostrazione di una almeno parziale autonomia del suo pensiero dall’ideale fascista, che notoriamente relegava le donne in una posizione subalterna e tradizionalista. Si trattava, dunque, di una donna dallo spirito indipendente e particolarmente moderno; Rachele Ferrario ha insistito molto su questo aspetto, sottolineando alcune delle sue scelte in campo artistico grazie alle quali la critica ha potuto inserire l’Italia all’interno del circuito artistico europeo. In particolare, il suo interesse verso la classicità - e dunque verso forme equilibrate e solide - si rivelò in linea con le coeve tendenze europee, nel contesto del comune “ritorno all’ordine” degli anni Venti. Fu dunque anche grazie a lei che l’Italia guadagnò in quegli anni un importante ruolo nel panorama artistico internazionale.

Questa originalità di pensiero è riscontrabile anche nella figura di Palma Bucarelli, nata trent’anni dopo Margherita Sarfatti e in condizioni molto diverse: era, infatti, figlia di un funzionario di prefettura, il quale le instillò uno spirito di servizio verso lo Stato che lei conservò per tutta la vita. Fu forse anche per questo senso del dovere che si occupò, durante la Seconda Guerra Mondiale, del salvataggio di opere d’arte a rischio di distruzione. Si trattava certamente di una donna dalla sottile ironia e dal grande fascino, caratteristica che seppe sfruttare in più occasioni (lei stessa se ne faceva vanto, raccontando a più riprese delle sue conquiste).

‘La galleria sono io’, disse una volta in riferimento alla Galleria d’Arte Moderna di Roma a dimostrazione di una personalità spiccata e con un’idea molto precisa di come intendere l’arte, tanto da potersi addirittura identificare con il suo progetto espositivo. Era particolarmente attratta dall’astrattismo, ma anche da pittori come Morandi e Savinio. Organizzò mostre su Pollock (fu una dei suoi primi divulgatori in Italia e, più in generale, colei che portò la conoscenza dell'arte americana contemporanea nel nostro Paese), Picasso, Mondrian, e molti altri artisti delle avanguardie americane nel corso degli anni Cinquanta. Negli stessi anni dibatté ferocemente in Parlamento per sostenere le sue battaglie culturali per le acquisizioni di opere alla GAM e riuscì ad ottenerne la direzione con un elaborato e astuto "colpo di mano", approfittando del trasferimento a Firenze dell’allora direttore della galleria, Roberto Papini. A testimonianza della sua fermezza vale la pena menzionare un altro interessante aneddoto: una volta insisté a tal punto per ottenere un quadro di Alberto Burri che questi, sfinito, finì per regalarglielo. Ma furono certamente questa testardaggine e questa incrollabile sicurezza nell’importanza del proprio compito che resero Palma Bucarelli una tra le prime direttrici donna di un museo pubblico italiano. La sua visione dell’arte contemporanea si dimostrò estremamente efficace, esattamente come avvenne nel caso di Margherita Sarfatti.

Nel corso della conferenza, Rachele Ferrario ha scelto di illustrare il valore storico e critico di queste due grandi personalità concentrandosi primariamente sulla loro biografia, e la decisione si è rivelata di grande efficacia, attraverso l'evidenza data ad episodi e aneddoti inediti e di profondo interesse.

Il pubblico ha così avuto modo di apprezzare due delle massime intellettuali del Novecento italiano: donne dalle personalità complesse che hanno saputo farsi strada in un mondo dell’arte ancora ostile alla partecipazione femminile. Il loro contributo alla storia dell’arte è indiscutibile, e l’intelligenza e l’oculatezza delle loro scelte in campo artistico (tra le luci e ombre delle loro vicende personali) ne fanno alcune tra le più originali e intriganti figure nel mondo dell’arte del Novecento.