Il Corso di Laurea in Geografia e Processi territoriali propone ogni anno almeno un viaggio di istruzione per gli studenti.
Il 22 agosto 2021 tre studentesse del Corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi Territoriali – Benedetta Brunelli, Anna Candotti e Chiara Salvatori – hanno preso parte, insieme al Professor Dubbini, alla missione archeologico/geografica in Croazia presso il sito dell’antica città romana di Burnum. Insieme ad un gruppo di archeologi dell’Università di Bologna, hanno alloggiato a Skradin, all’interno del Parco Nazione della Krka.
Ogni mattina la prima tappa della missione era il “Burnum Museum” presso il villaggio di Puljani, dove studenti e professori organizzavano giornalmente il lavoro da svolgere sui vari siti archeologici di interesse per la missione, preparando tutta la strumentazione necessaria. Presso il museo sono state effettuate alcune ricostruzioni tridimensionali digitali utilizzando tecniche fotogrammetriche e laser scanner, di una stele con gorgone, di una iscrizione incisa su un blocco di marmo e di altri reperti di carattere archeologico provenienti tutti dalla città romana.
Il primo giorno, dopo aver visitato il museo, l’anfiteatro romano dell’antica città romana di Burnum e i particolari archi, resti dell’antica basilica, che si stagliano maestosi sull’altopiano carsico, il gruppo ha intrapreso un sentiero di Trekking all’interno del Parco Nazionale, per vedere degli antichi mulini e le cascate all’interno del canyon.
Nei giorni successivi è stato portato avanti l’obiettivo della missione archeologica, ossia quella di documentazione geometrica dei castelli di Nečven e Trošenj. Sono stati effettuati i rilievi laser scanner, fotogrammetrici con drone su entrambi i castelli, sono state effettuate misure GPS per l’acquisizione di punti sui suddetti siti, il tutto finalizzato ad un lavoro di resa cartografica 3D e modellazione.
L’esperienza sul campo ha permesso alle studentesse di mettere in pratica quanto imparato a lezione, dando loro l’opportunità di utilizzare strumentazioni topografiche sul campo come, ad esempio, la stazione totale, il sistema GPS, e il laser a scansione. Il Professor Dubbini ha dedicato una lezione sul campo al sensore multispettrale MAIA eseguendo un rilievo degli archi di Burnum.
Non sono mancate di certo le avventure, come la ricerca del Castellum Aquae nei pressi del sito di Burnum, la ricognizione del territorio per la ricerca dell’antico ponte romano e i lunghi sentieri di trekking tra le meraviglie del Parco Nazionale della Krka.
L’ultimo giorno di missione è stato dedicato alla visita di un monastero ortodosso e delle cascate Roskij Slap.
Testo di: Benedetta Brunelli, Anna Candotti e Chiara Salvatori
Dieci studenti del Corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi territoriali sono stati selezionati per partecipare a un workshop, in collaborazione con sei studenti de l’École d’Urbanisme di Parigi, dal tema “Siti universitari in movimento: indagine sensibile e sensoriale della Cité Descartes e del quartiere della Sorbonne”, svoltosi a Parigi, dal 20 al 24 gennaio 2020.
Proprio lunedì 20 gennaio 2020, l’École ha indetto uno sciopero, sia per aderire alla mobilitazione generale contro la riforma delle pensioni, che ha interessato la Francia e soprattutto Parigi per tutto il mese di gennaio, sia contro la nuova legge sulla ricerca universitaria. Questo ha portato alla sospensione di numerose attività, ma nonostante ciò i colleghi dell’École d’Urbanisme hanno deciso di partecipare al workshop, rendendo possibile la sua realizzazione.
Il primo giorno, partiti dall’hotel ai piedi di Montmartre, e dopo le prime peripezie affrontate in metropolitana, siamo giunti alla Cité Descartes, quartiere universitario periferico, dove ha sede l’École d’Urbanisme di Parigi.
Dopo i saluti istituzionali, i professori delle due università, insieme ai due facilitatori francesi Lorenzo e Léa, studenti dell’École d’Urbanisme, hanno presentato l’obiettivo del workshop: un’esposizione sul confronto tra due quartieri universitari, quello della Cité Descartes, nuovo e periferico, e quello della Sorbonne, storico e centrale, e dunque tra le loro funzioni e dinamiche.
Ci è stato richiesto di lavorare con un approccio sensoriale oltre che comparativo, mediante quindi l’utilizzo dei sensi e l’esperienza dei corpi nello spazio, focalizzandoci sul tema del “movimento”, inteso come movimento di persone o di mezzi, ma anche come evoluzione e trasformazione spaziale e temporale dei quartieri e della loro identità.
Dopo esserci divisi in tre gruppi misti, abbiamo iniziato il lavoro sul campo, esplorando il quartiere della Cité Descartes: abbiamo eseguito alcuni esercizi di approccio sensoriale, come la “camminata bendata”, iniziando la raccolta di suoni, immagini e video; nel pomeriggio, insieme ai facilitatori e ai professori abbiamo discusso riguardo alle prime impressioni sul quartiere e i tre gruppi hanno dovuto ragionare sul tema da portare avanti e sulle metodologie da utilizzare nei successivi giorni di lavoro.
Il secondo giorno, siamo partiti alla scoperta del quartiere della Sorbonne: dopo una camminata guidata dai facilitatori, i tre gruppi hanno passato l’intera giornata girando liberamente; verso sera, ci siamo riuniti con i docenti e i facilitatori per concludere la giornata con un tour notturno del quartiere, per iniziare a comprendere meglio le differenze tra i due luoghi d’indagine: mentre la Cité Descartes è un distretto universitario di recente costruzione a est di Parigi, che attrae principalmente studenti, il quartiere che ospita la rinomata università della Sorbonne è carico di storia e attira turisti e fasce professionali diverse dagli studenti.
Il terzo giorno, abbiamo proseguito il lavoro alla Cité Descartes, dopo aver fatto un punto della situazione anche con i docenti e i facilitatori e aver stabilito definitivamente il tema delle esposizioni di gruppo. Nel pomeriggio, dunque, ogni gruppo ha lavorato in autonomia, poi verso sera siamo stati guidati in un tour notturno della Cité, anche in questo caso per avere ancora più elementi per le nostre comparazioni.
Il quarto giorno, cioè l’ultimo di lavoro prima dell’esposizione prevista per venerdì 24 mattina, i gruppi si sono incontrati liberamente, chi alla Sorbonne chi alla Cité, per gli ultimi lavori sul campo, per poi riunirsi tutti insieme nel pomeriggio alla Cité Descartes per iniziare ad allestire le esposizioni: a ogni gruppo è stata assegnata una stanza dove esporre il proprio lavoro, avendo a disposizione pareti, proiettori, casse e qualsiasi strumento di cui si avesse necessità. I tre gruppi sono rimasti al lavoro fino alle 20:30, poi, stanchi ma soddisfatti, sono andati a riposare per il grande giorno.
Il quinto giorno, ci siamo recati alla Cité di buon mattino, anche per evitare problemi dovuti allo sciopero dei treni (legato alla mobilitazione generale sopra citata), per concludere gli ultimi ritocchi prima dell’inizio delle esposizioni.
Dopo la prima introduzione dei facilitatori Léa e Lorenzo, che hanno spiegato il tema del workshop e raccontato come i nostri tre gruppi hanno lavorato, i visitatori, divisi in piccoli gruppi, hanno assistito alle tre esposizioni.
In particolare, il primo gruppo ha interpretato la nozione di “movimento” in senso più ampio, andando a ricomprendere nel suo significato anche quello di “movimento sociale”, indagando come la presenza o l’assenza di questo si esprima diversamente nei due quartieri studiati. Il secondo gruppo si è focalizzato sul legame tra la percezione sensoriale del movimento e l’identità dei luoghi, concentrandosi su come i due aspetti si influenzino reciprocamente. Infine, il terzo gruppo ha analizzato il tema del movimento in termini di mobilità, servendosi di sole registrazioni sul campo, che hanno permesso di ricostruire le diverse caratteristiche delle due aree di studio sia a livello di esperienza degli utenti sia a livello di morfologia dei quartieri.
Insieme ai docenti e ai facilitatori abbiamo fatto un punto finale sul workshop: tutti e tre i gruppi hanno saputo rappresentare il proprio lavoro in maniera chiara, coerente e convincente e, considerato l’interesse che i lavori hanno suscitato nel direttore dell’EUP e nel corpo docenti del Corso di Laurea, la mostra è stata riproposta la settimana successiva nelle aule della Scuola di Urbanistica di Parigi e nei prossimi mesi verrà esposta a Bologna, con tempestivo annuncio su questo sito.
Condividere questa esperienza con i ragazzi dell’École d’Urbanisme, oltre ad aver permesso un vero scambio interculturale e aver creato dei legami, ha arricchito la nostra formazione, facendoci apprendere con successo nuove metodologie di studio e accrescendo la nostra capacità di lavorare in gruppo.
Testo di Federica Scisci
30 ottobre - 13 novembre 2019
Siamo Alice e Francesco, studenti del secondo anno e vi racconteremo, in questo breve resoconto, il nostro viaggio in Senegal. Ma prima di tutto, è giusto spiegarvi il motivo della nostra partenza. Siamo stati selezionati, insieme a Simone (studente della LM Sviluppo Locale e Globale) e Mariella (LM Tourism Economics and Management), per partecipare a uno scambio tra alcuni Corsi di studio dell’Università di Bologna, e le università Gaston Berger di Saint-Louis e Cheikh Anta Diop di Dakar. L’iniziativa è stata promossa dall’UNESCO di Dakar, in collaborazione con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, nell’ambito del progetto “Valorisation of Heritage and Citizenship Education”.
Il nostro soggiorno si è svolto tra Dakar, la caotica, affollata, trafficata e, va detto, inquinatissima capitale, e la ben più tranquilla Saint-Louis, vecchio centro coloniale dell’Africa Occidentale Francese, all’estremo nord del paese, il cui pittoresco centro storico si sviluppa su una piccola isola circondata dal fiume Senegal, appena prima che questo sfoci nell’Oceano Atlantico.
Prima di addentrarci nel racconto, è necessario, però, fare un passo indietro, a quando l’esperienza è veramente iniziata. Tra giugno e luglio, infatti, l’Università di Bologna ha ospitato, tra il campus di Rimini e quello di Bologna, quattro studenti e due professori senegalesi. Durante questo periodo, i nostri compagni senegalesi hanno lavorato ai loro progetti, partecipato a seminari e iniziative universitarie, visitato musei e ovviamente, sono stati guidati alla scoperta del nostro territorio.
Questo è all’incirca quello che più tardi abbiamo fatto noi nelle due settimane trascorse in Senegal, accompagnati dalle professoresse Elisa Magnani, coordinatrice del nostro corso di Laurea, e Patrizia Battilani, professoressa di Storia economica e direttrice del Centro Avanzato di Studi Turistici di Rimini
Il soggiorno è stato talmente intenso e pieno di attività, che farne un resoconto dettagliato sarebbe impossibile e soprattutto noioso. Ci limiteremo, quindi, a raccontare alcuni dei momenti più significativi.
La prima settimana l’abbiamo trascorsa a Dakar, tra visite ai diversi quartieri della città, alle attrazioni turistiche principali, come il Lago Rosa, ai diversi musei e monumenti; abbiamo poi partecipato a una giornata di workshop, organizzata dalle università partner e dalle istituzioni promotrici del progetto.
Proprio a Dakar, in questi primi frenetici giorni, abbiamo subito assimilato una fondamentale regola di sopravvivenza in Senegal: il “waxaale”, ovvero la tecnica per cui, su ogni cosa, sia essa una corsa in taxi o una banana, sia sempre necessario contrattare.
Poco dopo il nostro arrivo, abbiamo avuto un incontro molto significativo con un vecchio pescatore di etnia Lebou; grazie a una studentessa senegalese, che ci ha accompagnati al villaggio dei pescatori di Soumbedioune, siamo riusciti ad intervistarlo e a farci raccontare il sistema della pesca, le sue problematiche e trasformazioni nel corso del tempo.
Fortunatamente questa non è stata l’unica occasione di contatto con la comunità locale. E questo è stato sicuramente uno dei grandi valori del nostro viaggio. Trovare spesso qualcuno disposto ad ascoltare le nostre domande, a raccontare e spiegarci fenomeni per noi spesso sconosciuti e ad aprirci gli occhi su una realtà così lontana, è stato fondamentale per approfondire i nostri progetti di ricerca (generalmente orientati sulla pesca e sulla gestione e percezione del patrimonio naturale) e per ampliare la conoscenza di un paese, che prima era, per quasi tutti noi, estraneo.
È giusto citare alcuni altri esempi, come il focus group con alcuni artisti, venditori e guide dell’isola di Gorée, che ci hanno illustrato alcune criticità legate al turismo sull’isola. Su Gorée, infatti, è necessario aprire una breve parentesi. Si tratta di una piccola isola nella baia di Dakar, riconosciuta patrimonio dell’UNESCO dal 1978, in quanto luogo simbolo della memoria della tratta degli schiavi. Abbiamo avuto la fortuna di visitarla in due occasioni, andando alla scoperta dei suoi musei, della sua famosissima Maison des esclaves, dei suggestivi mercati di souvenirs e di oggetti d’arte, e ancora addentrandoci nelle sue bellissime viuzze variopinte, tra case dai colori accesi e alberi in fiore.
Anche il soggiorno a Saint-Louis, tra visite, gite fuori città, giornate all’università e passeggiate per il centro, è stato intenso e travolgente, e anche in questo caso l’esaustività non è possibile. Tra i momenti più emozionanti, però, ricordiamo senz’altro la visita al Parco nazionale degli uccelli di Djoudj. Si tratta di uno dei più importanti parchi ornitologici al mondo, per grandezza e varietà di specie. Abbiamo navigato le sue acque, ricoperte di distese di ninfee, su una piccola imbarcazione che ci ha portati alla scoperta di uccelli mai visti prima. Lo spettacolo è stato indescrivibile, ci affidiamo alle fotografie sperando che possano rendere l’idea.
Il bello di Saint-Louis, poi, è che si può girare a piedi. E dopo tutti i taxi presi a Dakar, con tanto di faticosissime contrattazioni, vi assicuriamo che non è poco. E questo ci ha permesso di avventurarci nella città molto più di quanto non avessimo fatto nella capitale. Così ci siamo persi tra le vie del centro, tra i suoi ristoranti e i suoi negozietti colmi di coloratissime tentazioni, di cui, un po’ per debolezza nostra, un po’ perché a volte proprio non si riesce a dire di no, alla fine abbiamo riempito le nostre valigie. Spesso ci siamo incamminati tra le vie sempre affollate, dove i bambini corrono e giocano a calcio tra le gambe dei passanti, ritrovandoci sulle rive del fiume Senegal, piene di bellissime piroghe, e in due passi arrivando a vedere l’Oceano.
Le cose da aggiungere sarebbero tantissime. Non abbiamo nemmeno parlato del buonissimo cibo e dell’ospitalità di questo popolo (la famosa “teranga”). Rendere con le parole il significato di questa esperienza non è possibile. Sommariamente possiamo dire di avere visto, vissuto e imparato tantissimo. Ogni giornata è stata ricca di incontri stimolanti, che, crediamo, ci daranno da riflettere ancora per molto tempo. E non è escluso che gli stimoli raccolti possano poi sfociare in una nuova esperienza sul campo per fare ricerca tesi. Il viaggio infatti forse non sarà concluso finché continueremo a nutrirci delle esperienze fatte, e forse la loro ricchezza sta proprio nel fatto che le sentiamo ancora così vive e inesauribili. Si potrebbe senz’altro obiettare che non è poi passato così tanto tempo dal nostro ritorno, ma siamo comunque convinti che non sarà tanto facile dimenticare un viaggio del genere. E se mai dovesse accadere, ci sono sempre quelle nostre valigie piene di souvenirs, pronte a far risvegliare i nostri ricordi, e magari, chissà, a riportarci in Senegal.
Testo di Alice Vecchi e Francesco Perrucci
Nel box in alto a destra è possibile leggere e scaricare il reportage completo di foto.
La primavera 2019 si sta dimostrando anomala per quanto riguarda temperature e precipitazioni, il cambiamento climatico ormai fa sentire la sua voce sempre più chiaramente, ma con una piccola tregua ci ha permesso ugualmente di svolgere la nostra escursione didattica annuale. Professori e tutor del Corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi territoriali hanno organizzato per i loro studenti un’uscita didattica che permettesse di applicare nozioni imparate in aula e di toccare con mano una realtà complessa come quella degli ecosistemi forestali. Il 21 e il 22 maggio, alunni, professori e tutor hanno camminato fianco a fianco sui sentieri dei Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
La prima tappa dell’escursione è stata il Centro Visita di Santa Sofia (FC) all’interno del quale siamo entrati in contatto con la realtà Parco attraverso delle preziose informazioni degli operatori e alcuni modelli 3d; sicuramente un elemento da evidenziare in questo step è il Plastico della Romagna costruito tra il 1922 e il 1954 dal naturalista Pietro Zangheri. Già dal primo pomeriggio abbiamo indossato le scarpe da montagna e partendo dalla località di Campigna abbiamo fatto un piccolo trekking ad anello che ci ha permesso di arrivare fino ai confini invalicabili della riserva integrale di Sassofratino, dove il bosco e la sua fauna vivono un equilibrio dinamico senza che l’uomo e le sue attività possano influire. Il secondo giorno ci siamo incamminati di buon’ora alla volta del Monte Falco e del Monte Falterona spingendoci così fino ai confini della Toscana. Anche questo percorso si è sviluppato in maniera circolare, partendo sempre da Campigna ci siamo diretti verso le alture, per poi scendere attraverso i Prati della Burraia e continuando per il Passo della Calla. Sulla vetta del Monte Falterona è stato possibile realizzare un rilievo fotogrammetrico della croce monumentale presente.
Tra molte salite e qualche discesa, noi geografi in erba, ci siamo preoccupati di esporre ai nostri compagni e insegnanti, alcuni temi sui cui avevamo fatto ricerche prima di partire: è stato possibile così conoscere diverse realtà dello stesso parco, dalla legislatura al suo turismo passando per ecologia e storia.
Gli argomenti trattati nel parco sono stati:
Oltre al bel clima che si forma durante questi eventi è importante mettere in luce come sia possibile, in queste occasioni, unire e condividere le varie anime della nostra disciplina. Ogni professore e ogni studente si porta dietro un proprio bagaglio che attraverso interventi e considerazioni emerge inevitabilmente. L’interdisciplinarità della Geografia ormai è una caratteristica nota ed accettata, sta solo a noi essere ben disposti a recepirla e farla nostra, ciascuno con i propri limiti, capacità ed interessi. Per mettere in atto questo non c’è posto migliore di campo di azione per eccellenza del geografo: il Territorio.
Testo di Irene Cortesi
Dal 22 al 28 luglio 2018 tre studenti del Corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi Territoriali - Michela Maraviglia, Irene Cortesi e Leonardo Bassani - hanno preso parte a un'escursione didattica in Croazia. Insieme al professor Dubbini hanno alloggiato a Skradin, una piccola cittadina turistica nel bellissimo Parco Nazionale della Krka, dove hanno potuto mettere in campo le conoscenze apprese durante le ore di lezione.
L'obiettivo dell'escursione era quello di ricostruire il territorio della zona utilizzando le strisciate aeree fatte dalla RAF nel 1941 e messe a disposizione dall'IGM. Per prepararsi allo studio sul campo, prima della partenza i tre studenti hanno studiato le fotografie e, grazie anche all'utilizzo di mappe satellitari, hanno scelto i punti specifici di cui rilevare le coordinate una volta giunti sul luogo. Vista la grandezza del parco si è deciso di concentrarsi nella zona di interesse archeologico attorno a Burnum, l’antico insediamento romano.
Una volta raccolti i dati sul campo, tramite l'utilizzo di antenne GPS, il lavoro di resa cartografica si svolgerà al computer dove, nelle prossime settimane, creeranno il modello 3d attraverso l'utilizzo di un software apposito, photoscan.
Durante la settimana non sono mancati i momenti di relax: venerdì 27 i tre studenti, accompagnati dal Prof Dubbini, hanno infatti avuto l’opportunità di visitare le cascate Skradinski Buk, le più famose del parco.
Istituito nel 1988 con apposita Legge Regionale (L.R. 27/88), il Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna rappresenta uno dei capisaldi del sistema di protezione ambientale e di conservazione della biodiversità della regione. Il Parco è articolato in sei "Stazioni" che si sviluppano intorno alla porzione meridionale del Delta del Po, la parte nord del quale appartiene alla Regione Veneto, lungo la costa ferrarese e ravennate e nei pressi di Argenta.
Il Parco non svolge solo un ruolo di protezione degli ecosistemi dell’area, ma adempie anche ad un fondamentale compito di ricerca scientifica e divulgazione di conoscenze naturalistiche. Dal punto di vista geografico, l’area non solo offre la possibilità agli studenti del Corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi Territoriali di verificare sul campo le strategie di gestione territoriale di questo fragile e unico ecosistema, ma anche di apprezzarne il valore paesaggistico, culturale, economico e turistico: nel 1999 la parte nord del territorio è stata inserita come patrimonio dell’umanità nel sito Unesco "Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po".
L’escursione offrirà agli studenti la possibilità di fare escursioni a piedi e in barca nell’area del Parco, ma anche di approfondire la conoscenza di alcuni habitat specifici che hanno una rilevanza non solo paesaggistica, ma anche culturale, storica ed economica (aree di bonifica, saline di Cervia).
Itinerario dell’escursione didattica nel Parco del Delta del Po
Mercoledì 17 e giovedì 18 maggio 2017
17 maggio
8:00 Appuntamento in Viale Quirico Filopanti
8:30 Partenza da Bologna
10:00 Arrivo a Stazione Foce, Comacchio
11:00 Partenza per escursione in barca nelle Valli di Comacchio (1 h 45 min)
12:45 Pranzo al sacco
13:30 Spostamento a Comacchio e visita della cittadina e dei suoi musei, a piedi
15:00 Manifattura del Marinati, Viale Mazzini, 200
16:30 Museo del Delta Antico, Via Agatopisto, 2
19:00 Spostamento a Lido delle Nazioni e pernottamento presso l’Hotel Il Quadrifoglio.
18 maggio
8:30 Partenza per Mesola e visita del borgo
10:00 Spostamento alla riserva naturale del Bosco della Mesola
10:30 Giro in bici nel bosco, con pranzo al sacco
13:30 Spostamento alla Riserva Naturale Orientata delle Dune fossili di Massenzatica
14:00 Visita nella Riserva Naturale Orientata delle Dune fossili di Massenzatica
15:00 Spostamento a Pomposa e visita del complesso
16:30 Spostamento a Marozzo e visita dell’Ecomuseo della Bonifica di Lagosanto (17-18)
18:30 Partenza per Bologna
Questo è stato il Programma del viaggio:
L’arrivo in Abruzzo, dopo diverse ore di noiosa autostrada, è caratterizzato da un cambiamento del paesaggio repentino e deciso: lasciando la costa a Giulianova ci si ritrova davanti lo scenario maestoso del massiccio del Gran Sasso che si erge quasi dal nulla con pareti di roccia scoscese. In pochi chilometri in linea d’aria, infatti, si passa dai paesi delle colline teramane a circa 3/400 metri ai 2500 e oltre (il Corno Grande, il punto più alto del massiccio, arriva a quota 2912).
Passata la lunga galleria del traforo del Gran Sasso il gruppo di geografi si è ritrovato in un ambiente diverso, molto più selvaggio e naturale che, salendo da Assergi verso la Piana di Campo Imperatore, ha visto mano a mano boschi decidui e le conifere lasciare il posto a prati verdi e spazi sconfinati.
La Piana di Campo Imperatore è un ampio altipiano che si estende per circa 20km di lunghezza, con un’altitudine variabile tra i 1500 e i 1900 metri, caratterizzato da dolci pendii, pianure alluvionali di origine lacustre, morene, circhi glaciali, brecciai e fiumare, circondati da alcune delle Cime più elevate dell’Appennino, tanto da essere denominate “Piccolo Tibet”: Scinderella (2233m), Monte Portella (2385m), Monte Aquila (2494m), il Brancastello (2385m), Monte Prena (2561m), Monte Camicia (2564m) e il Corno Grande (2912m).
L’Altopiano, inoltre, è parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, che ne preserva l’incredibile biodiversità, che va dagli ampi pascoli punteggiati da pecore, bovini e cavalli allo stato semibrado nei mesi caldi, alla flora alpina delle scoscese pareti rocciose. Il Parco è l’area protetta europea che ospita il maggior numero di piante (2364) ma vi trovano rifugio anche numerosi esemplari di fauna quali il lupo appenninico, il capriolo, il cervo, il camoscio d’Abruzzo e qualche esemplare di orso.
Al loro arrivo nella piana studenti e professori al loro arrivo nella piana hanno avuto la fortuna di potersi riprendere dal viaggio in pullman degustando in un rifugio prodotti tipici e buon vino all’aria aperta… come inizio non si poteva chiedere di meglio!
Nel pomeriggio del primo giorno si è poi raggiunto il paese di Castel del Monte, fulcro del viaggio in quanto sede di tutti i pernottamenti del gruppo.
Il borgo oggi è un comune di poco meno di 500 anime, mentre in passato, all’epoca d’oro della transumanza, di cui era un importante centro, arrivò ad ospitare svariate migliaia di abitanti. Le sue particolarità sono sia storico-culturali che architettoniche, presentando una struttura urbanistica unica, con le sue piazzette, vicoli, torrioni perimetrali, mura e case-torri, nonché gli sporti, probabilmente la struttura architettonica più originale del borgo: strade coperte su cui è costruita parte delle abitazioni, per sopperire alla mancanza di spazio tipica dei paesi fortificati d’alta quota.
La visita del borgo ha incluso i diversi edifici facenti parte del “Museo diffuso”, una particolarità di Castel del Monte: una rete museale che tocca molti luoghi nel borgo dove, nel loro complesso, si capisce la storia del paese, della Transumanza e delle tradizioni.
La transumanza tra gli aspetti culturali che hanno marcato il territorio e la storia di questi luoghi è uno tra i più importanti e che merita di esser ricordata in modo particolare. Si trattava della tradizionale forma di pastorizia itinerante che prevedeva uno spostamento degli ovini dalle alte quote dei pascoli abruzzesi verso le terre del tavoliere delle Puglie, che a causa del clima più mite offrivano la possibilità di far svernare le greggi. Questo trasferimento avveniva alla fine della stagione calda secondo un calendario stabilito dalle istituzioni locali, per andare in cerca di zone adatte a passare l'inverno con il bestiame e dove poter trovare dei pascoli in grado di sfamare le enormi greggi. All'inizio di una nuova stagione calda, si transumava nuovamente verso i pascoli più freschi del Molise e dell'Abruzzo. L'importanza economica di questa attività era tale essere gestita da due specifiche istituzioni del Regno di Napoli: la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e la Doganella d'Abruzzo. Questa pratica pastorale aveva un ruolo fondamentale per l’economia della regione, tanto che si calcola che alla metà del XV secolo non meno di tre milioni di ovini e trentamila pastori percorrevano annualmente i tratturi, i sentieri sui quali venivano fatti spostare gli ovini, mentre nel XVII secolo i capi coinvolti erano circa cinque milioni e mezzo. L'impatto che la pastorizia esercitava era tale da fornire sussistenza a metà della popolazione abruzzese, direttamente o indirettamente.
L’indomani è stato il giorno dell’escursione a piedi in montagna. Seguendo i dettami di Bruno, la nostra guida locale, il gruppo dalla Piana di Campo Imperatore è salito sino ai 2380 metri d’altezza del Monte Tremoggia, montagna situata poco più a sud-est del più alto e imponente Monte Camicia.
Nonostante la densa foschia, lo spettacolo garantito da questa montagna, ma anche da tutte le altre del massiccio del Gran Sasso in realtà, è stato splendido con lo sguardo che si perdeva verso il teramano e il pescarese sino al mare Adriatico a est e la Piana di Campo Imperatore e altre montagne abruzzesi (Majella e Velino a farla da padrone) a sud e a ovest.
Durante la discesa il gruppo si è poi diviso in due: una metà è scesa subito verso la piana mentre altri hanno proseguito la camminata lungo il crinale scalando anche il Monte Siella (2026 metri) e vivendo un momento emozionante quando un gruppo di tre camosci, fino a poco tempo fa ad altissimo rischio d’estinzione, è passato a pochi metri di distanza.
Al termine dell’escursione a piedi la giornata si è conclusa con una visita all’Hotel di Campo Imperatore, storicamente famoso in quanto qui fu esiliato Benito Mussolini dopo che il Re ordinò il suo arresto. Mussolini, dapprima portato sull’Isola di Ponza e poi alla Maddalena, arrivò a Campo Imperatore il 28 Agosto 1943 e qui rimase fino al 12 Settembre quando un gruppo di paracadutisti tedeschi lo prelevò e portò in Germania.
Da quel momento in poi, grazie alla funivia per Assergi e ad altri impianti di risalita, questo luogo è diventato meta del turismo invernale.
La terza giornata in Abruzzo è stata caratterizzata da quattro tappe in successione.
Protagonista della prima sosta è stato il borgo semi abbandonato di Castelvecchio Calvisio. Il terremoto del 2009 ha dato il colpo di grazia a questo paesino che già stava subendo un forte processo di spopolamento. Caratteristiche del borgo sono la pianta ellissoidale di stampo romano, gli archi, le volte e i “barbacani”; scale esterne che venivano costruiti per sfruttare gli spazi e aumentare le superfici delle case.
Successivamente, il gruppo si è spostato a Santo Stefano di Sessanio, altro paesino gravemente danneggiato dal terremoto ma che ha saputo attirare nuovamente persone e turisti grazie all’idea dell’albergo diffuso portata avanti da privati. Importanti per l’economia del paese sono anche le famose lenticchie coltivate nell’area attorno al borgo mediceo e vendute in tutto il mondo.
Terza tappa della giornata è stata nuovamente a Campo Imperatore per il pranzo in una tipica macelleria abruzzese dove si comprano e si grigliano sulle cosiddette “fornacelle” carne, formaggi e verdure, il tutto a Km 0 a disposizione all’aperto per i numerosi ospiti. Tradizione abruzzese è la gara a chi mangia più arrosticini, un’attività che coinvolge anche i forestieri con grande successo.
Dulcis in fundo i geografi si sono recati a Rocca Calascio, un luogo suggestivo che domina la valle del Tirino. La Rocca, di epoca medievale, si erge in cima alla montagna che sovrasta il paesino di Calascio e si trova a una quota di 1460 metri. Caratteristiche di questo importante monumento sono la sua maestosità, data dalle quattro torri cilindriche d’angolo, e il panorama sconfinato a 360° tutt’attorno, dominante oltre alla già citata valle del Tirino anche le aree appenniniche attorno a Castel del Monte, Castelvecchio, Santo Stefano e Ofena.
Il quarto ed ultimo giorno è stato sicuramente il più emotivamente intenso: la visita a L’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo, devastata dal terremoto, è stato un momento di presa di coscienza delle terribili conseguenze che una catastrofe naturale può avere su un territorio e la sua popolazione.
Andare a L’Aquila è stato soprattutto questo perché la realtà a sette anni di distanza dal sisma è ancora grave e lontana dal tornare “normale”.
Per questo motivo tutto il gruppo si è recato dapprima all’Università del capoluogo abruzzese per assistere a una lezione informativa dello stato delle cose presieduta dalla professoressa Lina M. Calandra che successivamente, insieme alle sue assistenti, lo ha accompagnato per le vie della città dove con i loro occhi hanno potuto osservare la devastazione del centro storico.
Purtroppo per la popolazione aquilana i problemi sorti con il sisma del 6 Aprile 2009 non sono stati gli unici per cui indignarsi e protestare. Le abitudini, gli stili di vita, il tempo libero delle persone è mutato drasticamente anche per colpa delle politiche di ricostruzione della città e delle sue frazioni. Famoso per i vari scandali ad esso collegati è il progetto C.A.S.E., gruppi di edifici ad uso abitativo creati dal nulla in aree isolate e privi dei più basilari servizi. Inoltre si è scoperto che alcune di queste nuove case sono state costruite con materiali scadenti e senza seguire le adeguate norme di costruzione.
Ultima tappa del viaggio d’istruzione è stato proprio un sito del progetto C.A.S.E. in località Cese di Preturo, tristemente noto per i crolli di alcuni balconi e che ora è disabitato, abbandonato e posto sotto sequestro.
Testo di Lorenzo Fantoni
Il 22 maggio 2017, presso la sede di Geografia in Via Guerrazzi 20, è stata inaugurata la mostra fotografica "GEOviaggioABRUZZO: geografando tra le montagne abruzzesi".
Il progetto è legato all’escursione didattica rivolta agli studenti della Laurea magistrale in Geografia e processi territoriali, realizzata dal 27 al 30 maggio 2016 nell’area del versante aquilano del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monte della Laga (Abruzzo).
L’idea della mostra fotografica e cartografica è nata dall’interesse personale per la fotografia di una studentessa del CdS, Thaina Correa da Mota (curatrice della mostra), la quale ha sollecitato i colleghi/compagni di viaggio a fotografare il territorio visitato come testimonianza dell’esperienza vissuta e documentazione di alcuni dei fattori geografici che giocano un ruolo determinante nel processo di trasformazione del territorio visitato, quali l’interazione antropica con l’ecosistema circostante e la promozione turistica.
Attraverso le immagini realizzate dagli studenti stessi e il recupero di cartografia storica, si cercherà di descrivere i luoghi visitati nel corso dell’escursione, quali Castel del Monte (Aq), Santo Stefano di Sessanio, Rocca Calascio e L’Aquila, ma includendo anche immagini dei sentieri montani e offrendo prospettive e scorci insoliti di un territorio poco conosciuto dall’industria turistica, ma che presenta grandi potenzialità per la promozione di esperienze di viaggio naturalistiche e culturali, con una prospettiva sostenibile e slow.
Oltre a illustrare le località citate, la mostra ha lo scopo di sensibilizzare studenti, docenti e l’intera cittadinanza sulle risorse culturali e naturali abruzzesi e sullo sviluppo turistico di questo territorio così duramente colpito negli ultimi anni da eventi naturali disastrosi.
Itinerario: Burnum, Parco della Krka, Spalato, Zara
Il sito dell'antica città di Burnum, oggi chiamato Suplja crkva (chiesa in rovina) o Supljaja (rovine) dagli archi di età romana ancora presenti in situ, sorge sulla sponda destra del fiume Krka (chiamato Titius in epoca romana), all'interno del Parco Nazionale della valle della Krka. L' area in cui sorse l'insediamento rappresenta uno dei pochi punti di agevole guado del fiume, di estrema importanza strategica sia perché il fiume scorre all'interno di un profondo canyon, che crea una possente barriera naturale, sia perché esso segnava il confine tra territorio occupato dai Liburni, alleati dei romani, e dai Dalmati, ostili a Roma. L'occupazione romana di Burnum, a fini militari, iniziò dalla fine del I sec. a.C., e si concretizzò sul sito con la costruzione di un castrum atto a ospitare le legioni; secondo la testimonianza di Plinio, Burnum era annoverata tra i centri militari più importanti della provincia romana della Dalmazia. Il sito di Burnum è oggetto dal 2005 di due campagne del Laboratorio di Rilievo delle Strutture Archeologiche del Dipartimento di Archeologia di Bologna, volte alla sperimentazione di metodologie di indagine non invasiva.
Il Parco Nazionale di Krka si estende lungo il corso superiore e centrale del fiume Krka e lungo il corso inferiore del fiume Čikola. All’interno di questo parco vi sono numerose e impressionanti cascate dello Skradinski buk e il Roški slap, antichi mulini ad acqua, e l’isolotto francescano di Visovac, con tanto di santuario votivo, una ricca biblioteca ed un tesoro artistico-culturale d’inestimabile valore.
La città dalmata di Spalato che sembra quasi un museo vivente: una complessa miscela di stili, tra rovine romane, il palazzo imperiale di Diocleziano, archi bizantini, passerelle veneziane e influenze africane. Vi è un tale concentrato di attrazioni turistico culturali che il suo centro storico dal 1979 è stato incluso nel patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Situata nel mezzo della costa Adriatica, Zara è una delle più antiche città croate.
Le prime testimonianze storiche su Zara risalgono al IV secolo a.C. quando la città era una colonia dell’antica tribù illirica dei Liburni. Dal 59 a.C. Zara diventa un municipio romano.. È durante il periodo romano che Zara acquisisce la tipica conformazione urbana: viene infatti dotata di una rete stradale, una piazza centrale – il foro, accanto al quale si trovava il campidoglio elevato con un tempio.
Nel VII secolo Zara diventa la capitale della provincia bizantina della Dalmazia e all’inizio del IX secolo la città divenne la sede del vescovo Donato e del capo bizantino Paulus. A quell’epoca fu eretta sul foro romano la chiesa della Santa Trinità, conosciuta oggi con il nome di San Donato e odierno simbolo della città.
Nel X secolo ebbe luogo una grande colonizzazione della città da parte dei croati. Risalgono a quel periodo la chiesa romanica di Santa Maria nonché la chiesa di San Grisogono e la cattedrale di Santa Anastasia. Nel 1202 la città venne dapprima bruciata e poi conquistata sia dai crociati e che dai veneziani. Dopo il periodo veneziano la città viene governata dagli Austriaci dal 1797 al 1918, esclusa una parentesi francese dal 1806 al 1813. Con il Trattato di Rapallo Zara passò sotto il governo italiano mentre solo dopo la Seconda Guerra Mondiale fu annessa alla Croazia (come repubblica socialista federativa di Jugoslavia). Nel 1991 la Croazia dichiara la sua indipendenza dalla Jugoslavia e Zara diventa una città della nuova Repubblica di Croazia.
Quest'anno gli studenti del corso di Laurea in Geografia e Processi territoriali hanno avuto l'opportunità di andare a Firenze e visitare la sede storica dell'Istituto Geografico Militare (IGM) e il Corridoio Vasariano.
Visita all’Istituto Geografico Militare
L'IGM è uno degli enti cartografici dello Stato italiano; si occupa di fornire ad utenti, pubblici e privati, prodotti cartografici che offrano la totale garanzia, in termini di contenuti e ufficialità, per la rappresentazione del territorio. L'istituto trae origine dal Ufficio Tecnico del corpo di Stato maggiore del Regno sardo nel quale confluirono, nel 1861, il Reale Officio topografico Napoletano e l'Ufficio Topografico toscano. Trasformato in Istituto topografico militare nel 1872, assunse l'attuale denominazione nel 1881.
Le attività principali dell'Istituto sono:
- produzione, aggiornamento e cessione di cartografia a media e piccola scala;
- copertura aerofotogrammetrica del territorio nazionale;
- costituzione e gestione della banca dati geografica;
- manutenzione dei confini di stato;
- conservazione della cartografia storica nazionale.
Gli studenti hanno avuto la possibilità di visitare i reparti produttivi, il Museo degli Strumenti con la sua ricca collezione di astronomia, geodesia, topografia e fotogrammetria e, infine, la Biblioteca Attilio Mori, che raccoglie numerosi atlanti, carte e volumi.
Visita al corridoio Vasariano
Il Corridoio Vasariano è un percorso sopraelevato, lungo più di un chilometro, che si snoda nel cuore di Firenze e collega Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti. Fu realizzato da Giorgio Vasari su richiesta del granduca Cosimo I nel 1565, in occasione del matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d'Austria. Si tratta di un opera pensata per consentire ai Medici di muoversi in sicurezza dalla loro residenza privata al palazzo del governo.
Il corridoio, oltre a raccogliere una straordinaria collezione di autoritratti di diversi artisti (da Andrea del Sarto a Chagall), rappresenta un'opera allo stesso tempo pubblica e privata unica nel suo genere. Già il progetto originale del Vasari prevedeva delle piccole finestre che guardano sulle strade e sulle case sottostanti il corridoio. Dove un tempo i Granduchi si affacciavano quasi a voler spiare i fiorentini, oggi è possibile osservare le vie del centro cittadino da un'insolita prospettiva.
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Dal 30 ottobre al 13 novembre 2019 Elisa Magnani - insieme agli studenti di Geografia e Processi Territoriali Alice Vecchi e Francesco Perrucci - è stata in Senegal nell’ambito del progetto di cooperazione internazionale “Valorisation of Heritage and Citizenship Education” tra l’Unesco di Dakar e l’Università di Bologna. Il soggiorno ha previsto incontri con colleghi geografi senegalesi, con l’Unesco Dakar e la Cooperazione allo Sviluppo di Dakar (AICS), ma anche con altri stakeholders afferenti all’ambito della promozione dell’heritage.