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Andrès Ubedas de Los Cobos: “Da Bologna a Roma e a Madrid. Annibale Carracci nella cappella Herrera”

Articolo redatto da Caterina Trapani per la rubrica CollegARTI in occasione della conferenza tenuta da Andrès Ubedas de Los Cobos.

26 Aprile 2017

 

“Da Bologna a Roma e a Madrid. Annibale Carracci nella cappella Herrera”

Incontro con Andrès Ubedas de Los Cobos

Caterina Trapani

 

Mercoledì 26 Aprile, presso l’Aula Magna di Santa Cristina, si è tenuta la conferenza intitolata “Da Bologna a Roma e a Madrid. Annibale Carracci nella cappella Herrera” coordinata dalla Professoressa Marinella Pigozzi con la partecipazione di Andrès Ubedas de Los Cobos, direttore del dipartimento di pittura italiana e francese del museo del Prado a Madrid.

L’incontro, ultimo appuntamento della rassegna “I mercoledì di Santa Cristina”, ha inoltre aperto il convegno internazionale e interdisciplinare “Dialogo tra Italia e Spagna, Arte e Musica” a cura di Marinella Pigozzi, promosso dalla sezione Arti Visive del Dipartimento delle Arti dell’università di Bologna, in collaborazione con il Reale Collegio di Spagna, il museo del Prado, l’Archivio di Stato di Bologna e le università di Granada, di Murcia, di Salamanca, di Valladolid, di Chieti, durante il quale sono stati discussi gli aspetti artistici e le ragioni politiche delle relazioni tra Italia e Spagna.

In questa prima giornata di studio la comunicazione di Andrès Ubedas de Los Cobos ha approfondito i rapporti diplomatici tra Roma e Madrid, che a partire dal XV secolo avevano favorito l’arrivo in Spagna di opere italiane.

Il suo intervento si è incentrato sulla decorazione della cappella Herrera nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, a Roma, affrescata da Annibale Carracci e bottega nei primi anni del ‘600 e, in particolare, sulle questioni relative al restauro degli affreschi. L’operazione, non solo ha rivelato l’altissima qualità dell’insieme, ma ha anche fornito significanti dati sulle dinamiche dei lavori: in che modo Annibale gestiva la divisione dei compiti con i suoi collaboratori, l’ordine nel quale sono stati eseguiti gli affreschi, la loro disposizione nella cappella, nonché importanti informazioni sullo strappo operato da Peregrino Succi, il restauratore che traportò gli affreschi su tavola nel 1830.

Il complesso rappresenta una valida testimonianza sia dello stile tardo del Maestro che del talento dei suoi allievi, in particolare di Francesco Albani al quale furono affidati i lavori quando, nel 1605, Annibale fu colpito da una grave malattia che non gli permise di condurre a termine l’incarico, e degli altri allievi:  Sisto Badalocchio,  Giovanni Lanfranco e il  Domenichino.

La decorazione della cappella fu commissionata ad Annibale da Juan Enriquez Herrera, ricco banchiere castigliano, che la acquisì come ex voto per la miracolosa guarigione del figlio Diego e la dedicò all’omonimo santo francescano spagnolo, San Diego d’Alcalà.

La cappella, che fino al progetto di Andrès Ubedas de Los Cobos non era stata sufficientemente studiata e adeguatamente valorizzata, oggi non esiste più in quanto l’insieme decorativo è stato smembrato e trasferito in Spagna: al museo del Prado sono, infatti, conservati 7 dipinti mentre gli altri 9 si trovano al MNAC di Barcellona. Prima dell’attuale restauro le opere versavano in uno stato di conservazione pessimo: le pesantissime ridipinture operate dai restauratori dopo lo strappo ottocentesco, gli strati di vernice applicati nelle epoche successive e la sporcizia accumulata avevano conferito loro un aspetto cupo e giallognolo, oltre a privarle del tipico carattere minerale e calcareo dell’affresco, nascosto dietro la patina satinata della vernice.

Il restauro degli affreschi, a cura del Prado, è iniziato nel 2012 e ha portato risultati sorprendenti, avendo reso possibile constatare la differenza di mani particolarmente visibile, ad esempio, nella resa delle teste, che in termini di anatomia, tipo fisico e qualità ha permesso di individuare la partecipazione di due artisti distinti. La pulitura ha, inoltre, rivelato la presenza di alcune rigature bianche, prova delle rotture provocate da Succi nel tentativo di rendere piana una pittura concava e adattarla a un quadro da parete. Il brutale prezzo pagato lo convinse, poi, a non ripetere l’operazione.

La particolare forma di questi quattro affreschi ha reso possibile una ricostruzione della loro disposizione, verosimilmente sotto la lanterna. Le successive ricerche, lo studio delle piante, delle fatture dei materiali e il confronto con altre cappelle romane hanno permesso di realizzare un rendering dell’intera cappella, operazione non facile per via della mancanza di misure e proporzioni esatte ma che ha, comunque, portato a una riproduzione plausibile dell’ambiente e dell’assetto decorativo.

Gli affreschi, prima fortemente impoveriti e per questo poco intellegibili e severamente giudicati dalla critica, rivelano adesso la loro eccellente qualità e hanno potuto acquisire maggiore rilevanza all’interno degli studi artistico-biografici su Annibale e sulla sua bottega e fare luce sui rapporti tra committenza spagnola e artisti italiani.

Il progetto, iniziato col restauro, prevede una seconda fase che non è ancora stato possibile realizzare: dopo lo studio e la ricerca l’obiettivo è la valorizzazione da attuarsi organizzando una mostra nella quale Prado e MNAC espongano congiuntamente gli affreschi della cappella Herrera insieme ai numerosi cartoni preparatori, ai disegni e alle incisioni superstiti, permettendo la pubblica fruizione di questa straordinaria testimonianza.

Questo incontro ha rappresentato una significativa opportunità di dialogo internazionale; ha documentato il denso rapporto che intercorreva tra la cultura italiana e le altre grandi culture europee come la Spagna, rendendo possibile a professori e studenti conoscere alcune delle importanti opere italiane che hanno nel tempo lasciato il territorio nazionale.