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Euploos. Complessità ed etica della ricerca filologica nelle Digital Humanities

Articolo redatto da Lorenzo Buongiovanni per la rubrica CollegARTI in occasione dell'incontro con Marzia Faietti, Direttrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi di Firenze, e la sua equipe di ricercatori.

24 febbraio 2017

 

Euploos. Complessità ed etica della ricerca filologica nelle Digital Humanities

Lorenzo Buongiovanni 

 

Il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi di Firenze è una istituzione internazionalmente nota per l’eccezionalità del suo patrimonio, uno tra i più preziosi e fragili del mondo. Il disegno e la stampa sono, oltre che testimonianze privilegiate sul lavoro degli artisti, opere uniche la cui possibilità di visione, per la natura del loro segno e la deperibilità del loro supporto, si riduce ad ambiti archivistici e di eccellenza, come nel caso del GDSU. È possibile vedere queste opere in esposizione in cicli di mostre della durata di pochi mesi, le quali si ripetono di norma a distanza di uno o più lustri, quando lo stato di conservazione ormai precario non esiga una frequenza ancora meno assidua. Con ciò si comprende la preziosità del patrimonio che l’Istituto custodisce e la magistrale cura che è riservata ai beni che ne fanno parte.

La Coordinatrice del Corso di Studi in Arti Visive Sandra Costa ha invitato Marzia Faietti, Direttrice del “Gabinetto”, insieme alla sua equipe di studiosi, a discutere dell’importante progetto di ricerca e digitalizzazione del patrimonio del GDSU di cui i ricercatori, formatisi presso la Scuola di specializzazione in storia dell’arte dell’Università degli Studi di Bologna, si stanno occupando.

Si tratta del progetto Euploos che convoglia risorse economiche dell’istituto bancario Intesa Sanpaolo, le qualità scientifiche del Kunsthistorisches Institut in Florenz-Max-Planck-Institut, della Scuola Normale Superiore e delle Gallerie degli Uffizi, di cui il GDSU è una costola inscindibile e vitale. Il suo patrimonio, una corporeità indivisibile degli Uffizi, annovera disegni dal Trecento ai giorni nostri e stampe di pari valore storico-artistico; queste ultime saranno oggetto di una digitalizzazione successiva rispetto ai disegni, che rappresentano i beni le cui esigenze di salvaguardia sono più impellenti.

Le responsabilità della curatela sono un impegno discusso in apertura dalla dottoressa Faietti. Una posizione dovuta alla necessità di un atteggiamento filologico rigoroso, utile a definire criteri scientifici per la ricerca operata sul patrimonio artistico. Il GDSU è un campo di applicazione fondamentale di questi princìpi. A fronte delle dispersioni del patrimonio dovute a categorizzazioni manchevoli di una giustificazione filologica, la risposta metodologica proposta da Marzia Faietti consiste anzitutto in una serie di misure precauzionali, in particolare azioni concrete atte a contrastare l’attribuzionismo e l’enfatizzazione spropositata di grandi nomi. Prendere coscienza di queste problematiche comporta necessariamente “un esercizio di modestia” da parte del ricercatore che consiste in una corretta specificazione delle categorie attribuzionali, qual è ad esempio l’insieme delle attribuzioni tradizionali, un campo che accoglie i casi di imputazione autoriale storicizzati dei quali non sia dimostrata l’inesattezza, i campi dei beni autografi, quelli delle copie dall’autore a cui è riconosciuto un modello, quelli degli oggetti originati dalle botteghe degli artisti a cui l’attribuzione afferisce, e via discorrendo. In merito a queste categorie interdipendenti e alla catalogazione dei Beni del GDSU è avvenuta l’esplorazione di Euploos, nella sua forma connaturale di archivio digitale online. Una risorsa che attivamente mette in pratica questi criteri di misura e rigore nella ricerca filologica e archivistica di cui è stata fatta una dimostrazione attraverso la navigazione illustrata in videoproiezione dalla dott.ssa Laura Da Rin Bettina componente del gruppo di ricerca Euploos.

Attraverso la comparazione delle pagine di ricerca, i cui risultati sono mostrati come in una galleria di immagini con pagine di approfondimento di recto e verso delle opere, distinte e separate ma collegate tramite link, si vede come il metodo e la pratica dell’Atlante della memoria di Aby Warburg siano realizzati nel progetto Euploos in una forma dinamica. Mnemosyne, personificazione mitologica della memoria, è il nome del celebre progetto del 1928-1929 dello studioso Aby Warburg per un vero e proprio Atlante figurativo composto di tavole in riproduzioni fotografiche di opere con reciproche relazioni di natura non soltanto iconologica, evidenziate dalla loro posizione nell’Atlante stesso. Di questo progetto che guarda a un esempio del passato - ci rammenta la dottoressa Roberta Aliventi - notiamo subito gli elementi di innovazione. Del resto Mnemosyne era originariamente inteso per una pubblicazione cartacea; un supporto superato dalla piattaforma digitale per la simultaneità della consultazione che questa permette. Ciò che è strutturato nella risorsa digitale in esame non è l’Atlante in sé nella sua dispositio modificabile solo da chi l’ha concepito e ne detiene il discorso, bensì la possibilità di una navigazione dinamica e il dispiegarsi di correlazioni basate di volta in volta sui criteri di ricerca propri degli utenti della risorsa. Una forma di consultazione aperta a collegamenti potenzialmente infiniti tra le opere e i testi annessi, redatti finemente dai ricercatori, solo apparentemente dispersiva e bensì fruttuosa per chi voglia effettivamente orientarsi nella memoria delle immagini del GDSU seguendo obiettivi specifici.

A seguito dell’introduzione di Marzia Faietti e dell’esplorazione di Euploos per mano di Laura Da Rin Bettina, si sono succeduti gli interventi di Michele Grasso, Raimondo Sassi e Roberta Aliventi. Michele Grasso si è espresso sull’importanza del lavoro precedentemente svolto da chi, trovatosi nella condizione di amministrare i beni del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, si è necessariamente occupato anche della catalogazione e della tutela del patrimonio.

Con il passare del tempo la collezione è aumentata esponenzialmente e si è trovata priva di informazioni dettagliate riguardo la sua composizione. Il lavoro di attribuzione e catalogazione a posteriori risulta estremamente difficile, ma le risorse documentarie degli archivi del GDSU e della città di Firenze hanno contribuito e continuano a risolvere il problema. Incrociare le informazioni ricavate da questi archivi con i materiali documentari disponibili ha permesso agli studiosi di oggi, a distanza di anni o addirittura secoli dalla acquisizione dei beni, di rintracciare notizie fondamentali per ricostruire un discorso filologico su un particolare disegno o una data stampa. I risultati di queste conquiste sono il frutto della ricerca effettiva agita dai ricercatori del progetto Euploos, che viene messa a disposizione gratuita del pubblico.

L’esempio portato da Michele Grasso palesa un dovere imprescindibile per la ricerca storico-artistica, quello di “ricostruire il contesto attuale e coevo alla produzione e all’esistenza dell’opera”. Rintracciando le risorse documentarie interne al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe si evincono - spiega Grasso - le politiche di gestione del patrimonio e le dinamiche di attribuzione precedenti alle presenti politiche di tutela. Queste fonti rivelano, tramite le prove tangibili delle cancellature e delle correzioni sugli atti di catalogo (come le schede della gestione Ferri del GDSU), l’evoluzione nelle metodologie archivistiche. Con queste ulteriori informazioni si aggiungono alle schede delle opere le indicazioni storiche sulle attribuzioni dei disegni e delle stampe e sugli spostamenti fisici che questi hanno subito nel corso del tempo. A tale proposito sono da menzionare i passi decisivi che hanno condotto al rigoroso metodo attuale, compiuti da alcune figure rilevanti nella storia del GDSU: la creazione di un archivio per la catalogazione delle documentazioni di compravendita da parte di Leopoldo de’ Medici (1617-75), il quale si impegna nell’acquisizione di importanti opere contemporanee - tradizione che il GDSU nella gestione attuale continua; Filippo Baldinucci, primo inventarista del “Gabinetto”, il quale incomincia ad introdurre la specifica del numero dei disegni per autore; il Bencivenni, che scrive per ogni disegno un riferimento alla tecnica e per ogni autore una indicazione bibliografica pur se non troppo raffinata; Pasquale Rino Ferri, il quale applica finalmente un codice alfanumerico per ogni opera - corrispondente alla descrizione catalografica - proponendo una prima metodologia catalografica univoca.

Lungi dal voler ripercorrere le vicende di ibridazione fra sistemi analogici e digitali in campo archivistico, che occupano gli ultimi quaranta anni di storia del GDSU, spero di aver offerto alcuni spunti per una contestualizzazione delle problematiche che il programma di ricerca interdisciplinare Euploos solleva e cerca di risolvere nella complessità delle Digital Humanities. I contenuti finali degli interventi dei ricercatori invitati alla conferenza sono integralmente restituiti nella risorsa Euploos, della quale segue il link.

http://www.polomuseale.firenze.it/gdsu/euploos/