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Intervista a Vincenzo Farinella

Intervista al professor Vincenzo Farinella redatta da Jacopo Suggi per la rubrica CollegARTI in occasione della conferenza dal titolo "Le Logge di Raffaello. Committenze e significati".

5 aprile 2017

 

Intervista a Vincenzo Farinella

Jacopo Suggi

 

Mercoledì 5 aprile, in occasione del nuovo appuntamento del ciclo I mercoledì di Santa Cristina intitolato “Le logge di Raffaello”, condotto dal Professor Vincenzo Farinella, ho potuto intervistare il relatore in merito al suo impegno come consulente scientifico per il film Raffaello il principe delle arti, uscito nelle sale dal 3 al 5 aprile. Il film, prodotto da Sky Cinema e altri partner, è la prima trasposizione cinematografica su Raffaello Sanzio e ha ottenuto il riconoscimento di interesse culturale dalla Direzione Generale del Mibact.

Professore, quali sono le opportunità che si hanno coniugando il mondo dell’arte con le potenzialità espressive del cinema?

L’opportunità più notevole è quella di raggiungere una parte di pubblico che non va ai musei, alle mostre, non compra libri d’arte e che è piuttosto disinteressata ai problemi storico-artistici. Questi film vengono proiettati al cinema e in seguito anche in tv, ma soprattutto vengono distribuiti in tutto il mondo; si pensi, per esempio, a Gli Uffizi in 3D divulgato in 60 paesi, perfino in Cina.

La scelta di rivolgersi ad un pubblico ampio induce ad alcune forzature e semplificazioni, come l’utilizzo della tecnologia 3D, che normalmente piace poco agli storici dell’arte, perché vedere i dipinti in tridimensione provoca un effetto un po’ falsante rispetto alla realtà, ma pare che riscuota molto successo tra i giovani, tra coloro che usano i nuovi media e coloro che si guarderebbero bene dal vedere un documentario di storia dell’arte. Nel film, inoltre, c’è un aspetto di fiction utilizzato per rendere più semplice e più avvicinabile la storia del pittore, insieme ad un uso delle immagini particolarmente suggestivo per catturare l’attenzione.

In cosa è consistito il suo ruolo? Quale apporto ha dato al film?

In questo film su Raffaello mi è stato chiesto di fare la consulenza scientifica; ho cercato di evitare che ci fossero inesattezze ed aspetti troppo generici o romanzati: Raffaello si presta poco ai misteri e alle narrazioni alla “Dan Brown”. Ci sono, anzi, nel film alcune raffinatezze filologiche: infatti, per scrivere le scene di fiction, ci si è basati su alcuni quadri dell’Ottocento che raccontano la vita di Raffaello.

Abituato al lavoro di ricerca su libri, documenti e archivi, cosa l’ha invece impressionata nella realizzazione del film?

Tra le cose che mi hanno colpito maggiormente c’è stata sicuramente la realizzazione della scena dell’inaugurazione degli arazzi di Raffaello ambientata nella Cappella Sistina. Su mio suggerimento i tecnici di Sky hanno ricostruito la parete dell’altare della Sistina con gli affreschi del Perugino, presenti prima che fosse realizzato il Giudizio Universale. Una ricostruzione a colori mai fatta prima, che suscita un’impressione abbastanza notevole; io stesso sono rimasto molto colpito dall’effetto. 

Ha parlato dei Musei Vaticani e della Sistina come luoghi privilegiati di ambientazione del documentario.  “Raffaello il principe delle arti” è il terzo film uscito, per l’appunto, con la collaborazione del Vaticano; ritiene che ciò risponda alle indicazioni di Papa Francesco che ha affermato: “I musei devono spalancare le porte alle persone di tutto il mondo. Essere strumento di dialogo fra culture e le religioni, uno strumento di pace. Esser vivi! Non polverose raccolte del passato solo per “gli eletti” e i “sapienti”, ma una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini di oggi”. Il Vaticano sta effettivamente seguendo questa politica culturale?

Si tratta di una abituale politica culturale del Vaticano che si è ora rafforzata.  Questo è Il terzo film, dopo Uffizi in 3D e Le Basiliche papali, ed è stato realizzato in gran parte con la collaborazione dei Musei Vaticani, poiché qui si trova la parte più cospicua di opere di Raffaello, comprese  le Logge di cui parleremo durante questo incontro.

Dopo il film, a fine anno, ci saranno due appuntamenti dedicati a Raffaello: la mostra all’Accademia Carrara di Bergamo e a ottobre dovrebbe essere nuovamente visibile il restaurato cartone della scuola di Atene custodito all’Ambrosiana di Milano: possiamo parlare di un “annus mirabilis” di Raffaello?

Raffaello ha conosciuto un lungo periodo di sfortuna critica nel ‘900, ma sono già 30-40 anni che la sua figura è stata rivalutata e resa oggetto di rinnovati studi e attenzioni che raggiungeranno il loro culmine, verosimilmente, fra 3 anni, quando nel 2020 ci sarà il Cinquecentenario della sua morte.

Dopo il libro uscito nel 2004 e la consulenza per il film, oltre alle numerose conferenze e studi, c’è qualche altro progetto intorno alla figura di Raffaello che porterà avanti e che ci può anticipare?

Credo con tutta onestà di essermi impegnato a sufficienza nei miei studi intorno a Raffaello: l’anno scorso ho pubblicato un importante monografia sull’artista per la collana I classici della pittura edita da Treccani, ora collaboro alla mostra di Bergamo, poi ci sarà un grande convegno a ottobre alla Biblioteca Hertziana sul collezionismo delle opere di Raffaello in cui parlerò della Madonna Sistina. È un tema sui cui torno costantemente e fino al 2020 sarà quasi impossibile evitare di trattare temi raffaelleschi. La cosa importante è, però, cercare di sfuggire dalla retorica e continuare nell’approfondimento degli studi al di fuori dei luoghi comuni, anche perché Raffaello è un pittore in grado di esprimere un cambiamento continuo e non l’artista "perfetto” di cui si dice talvolta.

 

Ringrazio il professore Vincenzo Farinella per la disponibilità e perché costituisce un esempio di come oggigiorno vi sia la volontà di emeriti studiosi ad aprirsi a forme di comunicazione e mediazione in passato spesso viste con sospetto dai professionisti del settore storico artistico; un chiaro segno dell'esigenza di stare al passo con i tempi e di trovare nuovi modi per raggiungere i molteplici pubblici della cultura.