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Luigi Tagliavini: un premio per ricordarlo. Intervista alle figlie Elena e Laura Tagliavini

Intervista a Elena e Laura Tagliavini redatta da Ilaria Viola per la rubrica CollegARTI in memoria di Luigi Tagliavini a pochi giorni dall'assegnazione del Premio a lui dedicato.

11 maggio 2017

 

Luigi Tagliavini: un premio per ricordarlo

Intervista alle figlie Elena e Laura Tagliavini

Ilaria Viola

 

Mercoledì 17 maggio, presso il dipartimento di Arti Visive, si terrà l’annuale consegna del Premio Tagliavini, un riconoscimento di studio istituito nel 2011 dall’Università di Bologna e destinato alla miglior tesi del Corso di Laurea magistrale in Arti Visive. Il premio è dedicato alla memoria dell’artista e appassionato d’arte Luigi Tagliavini (Sassuolo, 1938-2005) ed è promosso e finanziato dalle eredi della famiglia.

Abbiamo chiesto ad Elena e Laura Tagliavini, figlie dell’artista sassolese, di raccontarci la storia della nascita del premio anche attraverso la vita del padre, dedicata alla pratica artistica e allo studio della storia dell’arte e contrassegnata da un grande amore per la ricerca, per la cultura e la filantropia.

Nello studio di Luigi Tagliavini il tempo sembra essersi cristallizzato. Cavalletti, tele, pennelli e libri: tutti gli strumenti del mestiere appaiono intatti, sorvegliati dallo sguardo assorto del maestro, raffigurato sulla grande tela in bianco e nero alle nostre spalle. Chi era, dunque, Luigi Tagliavini?

Nostro padre, oltre che un pittore, era un conoscitore e un appassionato d’arte. Fin da giovane ha sempre dipinto: ha frequentato il liceo artistico a Brera e poi l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il suo percorso artistico è stato tracciato da una ricerca molto approfondita, sia sulla tecnica che sui grandi temi della storia dell’arte. Il legame tra tecnica e cultura per lui era molto forte ed è ciò che lo ha sempre contraddistinto. Questa sua passione per la pittura e per la storia dell’arte lo ha accompagnato per tutta la vita, con una propensione per  la formazione continua, ininterrotta: considerava, infatti, i risultati raggiunti come passaggi di un percorso e mai come obiettivi definitivi. Questo grande amore per la ricerca e per lo studio, insieme ad un profondo rispetto per l’uomo, è ciò che ci ha trasmesso. Era una persona estremamente cordiale, della quale tutti coloro che lo conoscevano conservano un buon ricordo. Quando è morto siamo venute a conoscenza di alcuni episodi e di gesti gentili che aveva compiuto: la sua curiosità intellettuale e la sua profonda apertura mentale lo rendevano un uomo scevro da pregiudizi e nonostante fosse il classico “signore” – per come si vestiva, per le abitudini che aveva – era una persona estremamente aperta nei confronti di tutti.

In che modo vostro padre viveva la propria arte e in che rapporti era con l’ambiente culturale del suo tempo?

Pur nella consapevolezza effettiva di avere talento, nostro padre era una persona modesta, non piena di sé, né polemica: questo è uno dei motivi che lo ha portato a vivere la propria arte e la propria capacità artistica in modo molto personale e riservato. È sempre rimasto in un ambito locale, non ha mai avuto il coraggio, ma più che altro la voglia, di “fare il salto” per proporsi a livelli più alti; gli andava bene questa dimensione, perché gli dava il tempo di studiare.
Tra Sassuolo e Modena era lui il punto di riferimento per tanti artisti: lo chiamavano “il Professore”. Nel suo studio si riunivano intellettuali ed artisti, come in una sorta di salotto letterario; mentre papà dipingeva, gli altri ascoltavano la musica, la commentavano… erano pratiche d’altri tempi. Era rimasto molto legato all’Accademia di Bologna, ad esempio era amico di Ilario Rossi, pittore bolognese che era stato suo professore. Altro grande amico di nostro padre era il poeta Emilio Rentocchini.

Paesaggi, ritratti, autoritratti e dipinti tratti dai grandi maestri del passato (da Correggio a Vermeer, da Lotto a Bronzino): dei molti quadri presenti nello studio di Luigi Tagliavini, si nota subito l’abilità tecnica, che si traduce in uno spiccato interesse per la resa cromatica e luministica e in un’attenzione particolare per i dettagli. Cosa ha contraddistinto la ricerca artistica di vostro padre?

Negli anni ’60 la sua pittura era segnata da una tipica inquietudine giovanile, tra i suoi artisti di riferimento c’era, ad esempio, Francis Bacon. Ciclicamente tornava sempre alla grande pittura e alla grande ritrattistica del Cinquecento e del Seicento. Negli anni ’80 dipingeva grandi quadri con prati e i fili d’erba resi in modo minuzioso, quasi maniacale. Anche in questo caso credo che il grande insegnamento derivasse dalla pittura cinquecentesca e seicentesca italiana, ma anche fiamminga: lo si intuisce anche dalla presenza fissa, nel suo studio, di alcuni libri e cataloghi sull’arte rinascimentale. Tra i pittori del passato preferiti  Lotto, Bronzino, Vermeer,  Correggio (ndr: tra i vari dipinti tratti dai capolavori dei grandi maestri del passato possiamo ammirare una splendida copia del “Matrimonio mistico di santa Caterina” di Correggio e una meravigliosa “Fanciulla con cappello rosso” da Vermeer). Prendeva appunti sui colori utilizzati e sulla luce, compiva veri e propri esperimenti sul colore.  Ad ogni modo, non si è mai sottratto all’emozione. L’arte era la sua ragione di vita, tanto che dal momento in cui ha saputo di essere malato fino alla sua prematura scomparsa, non ha più dipinto.

Oltre alla pittura, Tagliavini si è dedicato ad altre tecniche artistiche?

Era anche un fotografo, per noi eccezionale, che non si è mai convertito al digitale: aveva la camera oscura. Anche nella fotografia aveva un forte senso della tecnica, per lui era di estrema importanza il gesto artigianale, parte integrante della ricerca. Abbiamo interi pacchi di fotografie, tutte molto simili tra loro, ma con esposizioni e modalità di sviluppo diverse; e abbiamo una serie di foto che ha fatto per strada, negli anni ’50, molto belle. Era veramente eccezionale nella scelta dei soggetti, nella capacità di trovare l’attimo giusto, nella tecnica e nello sviluppo. Era anche uno scultore, ma ha fatto pochissime cose, probabilmente perché nella sua ricerca prevaleva l’impulso al forte contatto con il colore e con la luce.

Luigi Tagliavini, oltre che un artista, era un conoscitore ed appassionato di storia dell’arte. Un suo storico dell’arte o critico di riferimento?

Roberto Longhi. Dalla sua biblioteca nell’appartamento al piano inferiore lo si intuisce bene: possedeva l’opera completa di Longhi. Quando eravamo ragazzine ci aveva regalato la “Breve ma veridica storia dell’arte italiana”. Forse lo avrà anche conosciuto…

Dal vostro racconto è emersa l’immagine di un uomo che ha dedicato la propria esistenza all’amore per l’arte, per la cultura e al rispetto verso il prossimo. È dunque da questi presupposti che è nata l’idea di ricordare vostro padre, anche attraverso un premio di studio a lui dedicato?

Prima c’è il dolore, fortissimo, poi a mano a mano tutto viene filtrato; il dolore rimane, ma comunque si elabora; poi viene a galla l’eredità. E l’eredità che ci ha lasciato nostro padre, in termini di valori e di contenuti, è proprio questo amore per la ricerca a 360 gradi, una profonda curiosità intellettuale, un profondo rispetto per l’uomo e un forte senso di libertà nella ricerca. Quando una persona sa di avere ricevuto moltissimo, allora il passaggio successivo diventa il voler dare concretezza a questo grande dono. Dunque l’idea di un premio di studio intitolato a nostro padre ha avuto un po’ questo significato: un premio di studio alla miglior tesi in storia dell’arte con la volontà di dare un piccolissimo sostegno che sia un incentivo, per chi decide di fare dello studio della storia dell’arte il proprio obiettivo, a continuare.

Attraverso questa breve intervista, frutto di un coinvolgente e stimolante incontro con le figlie, si è tentato di restituire, almeno in parte, l’immagine di un artista e studioso di grande talento, un uomo di profonda cultura e grazie alla cui generosità è ora possibile offrire un’opportunità agli studenti che, come lui, abbiano fatto della ricerca e dello studio dell’arte il proprio obiettivo.