Vai alla Homepage del Portale di Ateneo Laurea Magistrale in Arti visive

Presentazione della mostra "Bernini" a cura di Andrea Bacchi e Anna Coliva

Articolo redatto da Filippo Antichi per la Rubrica CollegARTI in occasione della presentazione della mostra "Bernini", curata da Andrea Bacchi e Anna Coliva presso la Galleria Borghese di Roma.

9 novembre 2017

 

"Bernini"

Andrea Bacchi presenta la mostra allestita presso la Galleria Borghese di Roma

Filippo Antichi

 

Una sala gremitissima ha accolto il primo appuntamento della serie autunnale degli Incontri in biblioteca organizzati dalla Fondazione Zeri. Ha dato avvio al ciclo lo stesso direttore, Andrea Bacchi, che ha presentato la mostra “Bernini”, inauguratasi alla Galleria Borghese di Roma lo scorso 1 novembre e che si concluderà il prossimo 4 febbraio. Andrea Bacchi ne è il curatore insieme ad Anna Coliva, direttrice del museo. La mostra segna i festeggiamenti per i 20 anni dalla riapertura della Galleria nel 1998, in occasione della quale era stata allestita una mostra su un tema simile dal titolo “Bernini scultore, la nascita del Barocco in Casa Borghese”, con cui quella odierna si mette quasi a confronto e in continuità.

Andrea Bacchi ha proposto un vero e proprio tour virtuale della mostra, seguendo il percorso espositivo stanza per stanza e di pari passo illustrando gli interessanti spunti di approfondimento che l'allestimento di una mostra, pur di un autore così studiato, offre.

Ha iniziato la sua presentazione evidenziando le difficoltà che può comportare l'organizzazione di una mostra di scultura, per la delicatezza delle opere e la loro massa che non permette spostamenti agevoli. Nel caso specifico di Bernini, molte delle opere più celebri difficilmente possono lasciare la loro collocazione odierna in quanto definiscono spesso un sistema unico col loro ambiente, o perché inamovibili per loro natura, come il Baldacchino di San Pietro. In tal senso la Galleria Borghese offre il vantaggio di possedere nella sua collezione un consistente nucleo di importanti opere berniniane. Tuttavia la Borghese non è un luogo adibito esclusivamente alle mostre, bensì un museo, la cui collezione si snoda in ambienti storici; per questo motivo è necessario che le esposizioni temporanee creino un dialogo con le sale progettate da Antonio Asprucci nel Settecento e con la collezione permanente.

A tal proposito è stato necessario decidere bene il taglio da dare alla mostra. Al contrario di quella tenutasi nel 1998, che analizzava la prima parte della carriera dello scultore fino alla creazione dei gruppi di Casa Borghese, Andrea Bacchi sottolineava come lui e Anna Coliva abbiano voluto abbracciare tutta la carriera di Bernini e concentrarsi principalmente sulle opere in marmo, pur offrendo anche un'ampia sezione dedicata alla produzione pittorica, argomento ancora estremamente dibattuto dalla critica ma che, pare, “affascina anche il pubblico meno specializzato”. Tuttavia il taglio cronologico - ben rappresentato nell'esauriente catalogo - non poteva essere confermato del tutto nell'allestimento, progettato dall'architetto Paolo Sabatini, per problemi di spazio e di mobilità dei gruppi scultorei all'interno del museo.

Il rischio di proporre un'antologia di materiale già ampiamente studiato ha indotto i curatori ad offrire una narrazione che mette in luce le problematiche attributive, iconologiche e cronologiche ancora dibattute.

Il racconto di Andrea Bacchi ha cercato di unire il contenuto del catalogo all'effettivo percorso che il visitatore segue nel museo. La mostra si articola infatti in 8 sezioni, curate non solo da Andrea Bacchi e Anna Coliva, ma anche da eminenti studiosi come Maria Giulia Barberini, Anne-Lise Desmas, Luigi Ficacci, Sarah McPhee e Stefano Pierguidi.

La prima sezione, che occupa il Salone d'Ingresso e la Sala del Sileno, è dedicata al controverso rapporto tra Gian Lorenzo e il padre Pietro, spesso minimizzato dallo stesso Cavaliere e nelle fonti a lui coeve, ma ribadito con forza da studiosi del calibro di Federico Zeri, di cui Bacchi ha sottolineato l'importante ruolo nella rivalutazione dell'operato di Bernini senior. Vengono dunque esposte opere problematiche come il Fauno tormentato del Metropolitan di New York, e le Quattro Stagioni Aldobrandini per le quali si cerca di capire l'entità e la modalità degli interventi del giovane scultore sulle opere del padre, oltre a sculture come il discusso San Sebastiano della Collezione Thyssen, pagato a Pietro nel 1617, ma sicuramente eseguito da Gian Lorenzo. Già in questa parte la mostra non consente di seguire il percorso cronologico proposto dal catalogo; infatti nella sala d'ingresso si trova esposta la grande e più tarda Verità (eseguita intorno al 1650), solitamente situata nella Sala del Gladiatore, ma qui in posizione più favorevole alla vista in quanto non confinata tra due colonne.

Segue una piccola sezione dedicata al genere dei putti, curata da Stefano Pierguidi e che vede la Capra Amaltea, il Putto Barberini del Getty e il Putto Strozzi di Berlino dialogare con il romano Satiro con delfino permanentemente esposto al centro della Sala Egizia. Si tratta di un genere che ha avuto molta fortuna nel XVII secolo, ma che Bernini sviluppa solo durante la sua giovinezza in commissioni pagate soprattutto al padre. Andrea Bacchi ha sollevato inoltre seri dubbi sulla paternità berniniana della Capra Amaltea, proponendo un confronto con altri putti scolpiti da Gian Lorenzo in quel periodo, oltre a segnalare che un'unica fonte seicentesca parla di quest'opera, cioè Sandrart, pur se avvallato dal Longhi nel secolo scorso.

Altra piccola e importante sezione è quella dedicata ai restauri che Bernini eseguì da giovane e che alla Borghese trova terreno fertile di approfondimento, a partire dal Marco Curzio della prima sala, restaurato da Pietro Bernini, fino all'Ares Ludovisi e all'Ermafrodito Borghese del Louvre, che ritorna nella sala per cui è stato pensato, con il suo materasso che sfida la pittura e anche la realtà stessa. Si tratta di restauri non filologici, che lo stesso scultore preferisce non ricordare nelle fonti, ma che dimostrano come Gianlorenzo sviluppasse la propria ricerca anche in opere in cui non era il vero protagonista.

Anna Coliva ha invece curato la parte relativa ai quattro grandi gruppi borghesiani: Enea e Anchise, David,  Apollo e Dafne e Plutone e Proserpina. A corredo di queste famosissime opere è stata fortemente voluta dalla direttrice della Galleria la statua di Santa Bibiana, proveniente dalla omonima chiesa di Roma, da cui la scultura non era mai uscita. L'opera necessitava di un intervento di pulitura, ed è stata questa un'occasione per studiare e proporre le analogie e le differenze che sussistono con i coevi gruppi della Galleria, come ad esempio la presenza del punto di vista privilegiato, probabilmente non rispettato nell'attuale luogo di esposizione, a causa dei continui spostamenti subiti dalla statua nel corso dei secoli.

Un notevole approfondimento tematico ha riguardato l'attività ritrattistica, e in particolare i busti, esposti sopra un lungo tavolo nella Galleria del Lanfranco al primo piano. Si procede in ordine cronologico a partire dai problematici inizi con il Ritratto di Antonio Coppola, di cui si discute ancora la paternità tra Pietro (per cui propendono Desmas e Bacchi) e Gian Lorenzo, fino al Ritratto di Gentiluomo degli anni '70, attraverso alcuni capolavori come il Ritratto del cardinal Alessandro Damasceni Peretti Montalto, scoperto da Lavin nel 1985 alla Kunsthalle di Amburgo, e in cui Bernini cerca di riprodurre anche la pelle butterata dal vaiolo.

Andrea Bacchi ha colto l'occasione per ritornare brevemente sul concetto di “speakinglikeness”, l'idea formulata da Wittkower per cui l'essenza di una persona in un ritratto si coglie meglio nel momento in cui sta per parlare o ha appena finito di farlo, ben esemplificata dai busti di Scipione Borghese e di Costanza Bonarelli.

Nella stessa sala è stata collocata larga parte della produzione pittorica di Bernini, ambito molto discusso e di cui qui si cerca di dare un quadro generale attraverso opere ormai accreditate e documentate, ma anche con nuove proposte, come il Ritratto di Clemente IX, attribuito da Bacchi attraverso i documenti e mediante confronti con altre opere berniniane che si distinguono per sintesi e intensità psicologica.

Per il Bernini tardo si è illustrato il suo ruolo di regista nei cantieri romani mediante l'esposizione di bozzetti provenienti da collezioni pubbliche e private. Sono stati dunque esposti progetti per le statue di Ponte S. Angelo, per la Cattedra di San Pietro, per la Fontana dei Quattro Fiumi: bozzetti resi verosimilmente necessari dalla partecipazione di più mani alla realizzazione di queste grandi opere (infatti non esistono né sono mai esistiti bozzetti per i gruppi di Casa Borghese) e per i quali era forse prevista una destinazione collezionistica fin dal principio.

Tuttavia il tardo Bernini può ancora esplicarsi nei busti e la mostra si chiude, infatti, con alcuni tardi ritratti papali (Alessandro VII e Clemente X) e con le due problematiche effigi del Cristo benedicente di Norfolk e di San Sebastiano fuori le Mura, su cui gli studiosi ancora dibattono, non essendo giunti a una conclusione unanimemente accettata su quale sia l'originale effettivamente donato dall'artista a Cristina di Svezia.

A conclusione dell'interessantissimo intervento, Andrea Bacchi si è augurato che la mostra riesca nell'intento di coniugare la spettacolarità che le opere di Bernini esigono, con le problematiche critiche che continuano a emergere dagli studi di questo straordinario artista. Certamente il pubblico saprà cogliere l'opportunità di apprezzare di persona le bellissime opere presenti in mostra, avvalendosi delle indicazioni e degli stimoli che Andrea Bacchi ha con tanta competenza comunicato.