Vai alla Homepage del Portale di Ateneo Laurea Magistrale in Arti visive

Avanguardia ‘Panca Rock’ – Gli Skiantos e l’Arte d’Avanguardia

Articolo redatto da Eni Derhemi e Alessandro Della Santa per la rubrica collegArti in occasione dell'incontro con Chiara Righi e Silvia Grandi.

13 marzo 2018


Avanguardia ‘Panca Rock’ – Gli Skiantos e l’Arte d’Avanguardia

Eni Derhemi e Alessandro Della Santa

Chiara Righi, ex studentessa del Corso di Laurea Magistrale in Arti Visive dell’Università di Bologna, ha presentato il suo volume Avanguardia ‘Panca Rock’. Gli Skiantos e l’arte d’avanguardia, pubblicato nella Collana online «ARTYPE aperture sul contemporaneo», diretta da Silvia Grandi, durante una lezione del corso di Fenomenologia dell’Arte Contemporanea.

Gli Skiantos sono una band formatasi a Bologna intorno alla metà degli anni ’70, nota in particolare per i testi scanzonati e gli atteggiamenti irriverenti che li contraddistinsero.

Il gruppo fu inizialmente composto da studenti del DAMS, tra cui spiccava il brillante paroliere, Roberto ‘Freak’ Antoni. La loro nascita si propose in modo del tutto inaspettato, quasi come un “effetto collaterale”, uscito direttamente da una cantina, all’insegna dell’improvvisazione e della noncuranza tecnica.

Mentre il tumulto politico, nello specifico studentesco, scuoteva la città e divideva in schieramenti un’intera generazione, parallelamente – come sempre succede – qualcuno decise che “ne aveva abbastanza”.

Durante l’incontro Silvia Grandi condivide con i presenti la testimonianza dei suoi ricordi, non senza un sentito entusiasmo per il clima di quel periodo, a cui – come ci racconta – prese parte.

Ma che senso ha, verrebbe da domandarsi, parlare di una band ‘rock demenziale’ in questo contesto? Parrebbe, in prima analisi, un’esagerazione porre tanta attenzione a un tema comunemente relegato al mondo underground. Eppure ci sarebbero, a dire di Chiara Righi, aspetti degni d’interesse che cercheremo di illustrare, per comprendere le motivazioni che giustificano questa scelta, ripercorrendo i temi salienti dibattuti durante l’incontro.

Innanzitutto vale la pena – a nostro avviso – ricordare come il legame tra il mondo immaginativo e quello concreto sia diventato indissolubile, nella concezione artistica, a partire dall’inizio del secolo scorso. Questa fusione è da considerarsi decisiva per ciò che riguarda la nascita e il divenire delle tendenze comportamentiste ed essenziale al fine di comprendere e interpretare gran parte dei fenomeni musicali a partire dagli anni ’70. La legittimazione ad intraprendere questo tipo di ricerche avviene originariamente nel bacino culturale delle avanguardie storiche.

Ricostruire l’universo sulla base di una serie di manifesti programmatici ebbe effetti rivoluzionari, a partire dal modo di essere e di porsi dell’artista, che diventò inatteso medium, agente della sua corrente a tempo pieno, colonizzando luoghi tradizionalmente non dedicati alla creazione artistica; essere, per esempio, membro del movimento futurista significava portare avanti “a tempo pieno” una specifica mentalità: mentre si dipinge, durante uno spettacolo teatrale, ma anche sfrecciando con la propria vettura, a tavola, in solitudine. Non si trattava più solo di fare arte, ma di essere arte, di comportarsi di conseguenza.

A ben guardare la performance e l’happening ebbero già luogo nelle esperienze futuriste e dadaiste, così come la figura dell’artista-star/anti-star, che spiazza il pubblico e si trasforma fisicamente, non limitandosi a commentare o rappresentare la realtà, ma che, anzi, aspira a ricostituirla secondo la propria visione, solitamente in contrapposizione al pensiero dominante.

Tornando agli anni di cui la tesi si occupa, è doveroso aggiungere come in questo processo sia stata determinante la traumatica irruzione sulla scena del punk, non da intendersi tanto come genere o sonorità, quanto piuttosto come attitudine e modo di porsi.

Da un punto di vista squisitamente musicale gli Skiantos sono la consapevole parodia di una band punk-rock; d’altra parte sarebbe difficile indicare una band punk che non sia stata più o meno esplicitamente parodistica e autoironica. Ma ‘Freak’ e i suoi erano interessati anzitutto ai contenuti di cui i brani si fanno veicolo, in diretta contrapposizione ai tecnicismi del progressive rock, la cui esecuzione richiedeva virtuosismo musicale e conoscenza teorica. Potremmo dire qualcosa di molto simile parlando, per esempio, dei Ramones, disinteressati a qualsiasi orpello e furiosi di arrivare dritti ai contenuti che volevano comunicare - spesso nel giro di un paio di minuti - ricorrendo quasi sempre a non più di tre o quattro accordi; a loro volta come dei ‘freaks’, dei fenomeni da baraccone, ma perfettamente consapevoli e fieri di ciò.

La musica, indipendentemente da come fosse eseguita, era per gli Skiantos un felice pretesto espressivo, poiché consentiva loro di essere in continuo movimento e di “perdere il controllo”; tutto ciò era coinvolgente e, soprattutto, comprensibile a chiunque.

Non è difficile immaginare come d’un tratto band quali i Devo e i Sex Pistols possano aver iniziato, dal punto di vista dei futuri componenti del gruppo, a parlare una lingua affine a quella di Tzara e Marinetti, protagonisti delle “innocue” lezioni di storia dell’arte contemporanea cui assistevano. I professori stavano mettendo nelle mani degli studenti, forse inconsapevolmente, spunti fin troppo accattivanti; a quel punto divenne più che logico, da parte di alcuni di loro, provare insofferenza per le biblioteche, i musei e, in senso più ampio, le istituzioni culturali ufficiali.

La poetica di ‘Freak’ Antoni è indubbiamente debitrice delle influenze dadaiste e futuriste, in particolare per ciò che riguarda il trattamento della parola, come emerge nei suoi personali ‘ready-made’  linguistici, così come nei testi dei brani e nella redazione del bizzarro dizionario composto da giochi semantici di sua invenzione.

Dopo tanto rumore sembrò esserci, da parte sua, l’irresistibile desiderio di tornare al libro, che caratterizzava la sua vita da studente. Infatti non sarebbe corretto trovare contraddittorie le due anime, quella della spontaneità graffiante e sconclusionata, che lo contraddistinse nel ruolo di musicista e l’altra, intellettualmente impegnata nel ragionamento sull’efficacia del messaggio, al fine di renderlo pungente.

Questi due aspetti sembrarono trovare un punto d’incontro concreto nelle t-shirt (sulla falsariga di altri musicisti quali John Lydon e Richard Hell) e nei famosi cartelli che la band esibiva durante i propri concerti, sempre ironici e spesso offensivi.

I fan e gli spettatori si rivelarono indispensabili, prestandosi alle provocazioni messe in atto: il punk aveva fatto scuola e il pubblico, che “non capisce un….”, diventò il bersaglio prediletto degli ortaggi lanciati dal palco durante i live, come accadde in occasione della Spaghetti Performance, durante la quale i membri del gruppo si improvvisarono cuochi, preparando un pranzo surreale a base di pasta al sugo, annullando di fatto l’esibizione in programma e lasciando gli spettatori nella perplessità e nello sconcerto.

Grazie alla sua naturale teatralità, Antoni scelse d’interpretare volontariamente un ruolo demenziale, per toccare certe questioni da una prospettiva quasi privilegiata: una vera e propria ‘vacanza mentale’, sia dalle pedanterie della musica militante e politicizzata, sia dal melenso cantautorato a sfondo sentimentale, e alla quale tutti vennero invitati a prendere parte, sempre che fossero disposti a stare al gioco.

“In Italia - dice Antoni - non c’è gusto ad essere intelligenti” e dichiararlo nel contesto della ‘dotta’ Bologna del tempo deve essere suonato controverso, se non addirittura odioso.

Con ottime probabilità il musicista avrebbe sottoscritto il celebre aforisma di Woody Allen secondo il quale “il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l’imbecille, mentre il contrario risulta del tutto impossibile”.

Non è da sottovalutare anche la natura pop di certi elementi stilistici degli Skiantos, basti pensare alla grafica dell’LP Kinotto(1979), la cui copertina e l’interno del disco si presentarono come un prodotto industriale – per la precisione un detersivo per il bucato a mano – con evidenti richiami ad Andy Warhol e alla celebre Brillo Box. Veramente inattesa è l’impertinente didascalia interna da cui apprendiamo che “Kinotto© è un prodotto per il bucato a mano”. Non un disco, quindi, né una bibita dissetante, bensì un’assurdità dadaista, una notizia sbagliata.

Antoni si cala nei panni di un ‘Joker’ a cui poco interessa il consenso e che, per assurdo, viene preso estremamente sul serio dal pubblico diventando una sorta di istituzione, alternativa e allo stesso tempo autorevole, calorosamente amato da alcuni e disprezzato da altri.

Tuttavia, nonostante queste contraddizioni, alla fine della presentazione andiamo a scoprire come recentemente sia stata istituita un’organizzazione impegnata nel mantenere viva la memoria di Antoni, venuto a mancare nel febbraio del 2014: WE LOVE FREAK. È in previsione, inoltre, la creazione di una statua a lui dedicata, in uno dei parchi cittadini. Un altro tributo è stato la realizzazione di un video di commemorazione pensato per il brano Evacuazioni, l’ultimo scritto da Antoni, in cui quest’ultimo viene immortalato in alcuni scatti che lo ritraggono come il classico eroe alternativo.

Tutto ciò fa naturalmente riflettere su quanto detto, ovvero di come un mito paradossale sia stato riassorbito per essere poi istituzionalizzato dallo stesso sistema culturale, civile e politico che lo ha generato.