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Caravaggio. La fabbrica dello spettatore

Articolo redatto da Maria Vittorio Longo in occasione dell'incontro con Giovanni Careri.

16 aprile 2018


Caravaggio. La fabbrica dello spettatore

Maria Vittoria Longo

Il 16 aprile 2018, nell’aula Magna dell’ex convento di Santa Cristina, Lucia Corrain ha organizzano un incontro con Giovanni Careri che ha presentato il suo ultimo libro: “Caravaggio. La fabbrica dello spettatore”.

Giovanni Careri è direttore degli studi presso EHESS (L’École des Hautes Etudes en Sciences Sociales), membro associato del Laboratorio di Antropologia Sociale (EHESS, CNRS, Collège de France) e professore presso la Scuola di Belle Arti di Lione e lo IUAV di Venezia. È, inoltre, responsabile del gruppo di ricerca Bernhard Rüdiger "L'arte contemporanea e la storia del tempo" (CEHTA-EHESS/Scuola di Belle Arti di Lione). La sue ricerche hanno avuto come oggetto di studio temi appartenenti all’ arte rinascimentale e barocca: l’unione  delle cappelle barocche del Bernini; i tableaux di teatro e danza ripresi dalla Gerusalemme Liberata di Tasso e, più recentemente, la storia cristiana nella Cappella Sistina. La sua analisi storica e criticasi avvaledegli strumenti e affronta le questioni dell’antropologia e della semiotica.

Hanno preso parte alla discussione anche Pamela Gallicchio, dottoranda alla Ca’ Foscari di Veneziae Rinaldo Censi, giornalista e scrittore, esperto di cinema.

Il libro presentato - scritto in francese e tradotto in italiano- non è una monografia su Caravaggio, in quanto analizza solo alcune delle opere dell’artista.L’autore si sofferma sul titolo e sull’immagine della copertina, un dettaglio tratto dalla “Cena di Emmaus” conservata alla Pinacoteca di Brera, scelta perché l’azionerappresentata è quella del “vedere”, proprio quelloche l’artista intendeva sollecitare negli spettatori: lo stupore nello scrutare l’opera e l’“osservare” per dare vita all’azione dei personaggi.

Lucia Corrain ha chiesto a Giovanni Careri quale metodo avesse utilizzato per redigere il suo testo e per analizzare i dipinti trattati.

Lo studioso afferma che il fine era quello di rendere esplicito ciò che il quadro possiede intrinsecamente. Ognuno è diverso, per cui i metodi di esame variano.

Per esempio nella “Conversione di San Matteo” Giovanni Careri ha individuato una costruzione a coppie dei personaggi: da un lato Cristo e Pietro che lo imita, simbolo di come ogni cristiano dovrebbe agire somigliando a Cristo; mentre, dall’altro, i due ragazzi  che riprendono il concetto di somiglianza reciproca da parte degli amanti, espresso da Marsilio Ficino. Dunque il metodo generale è l’applicazione della teoria in base alla quale per ogni dipinto vi è una norma con alcune ricorrenze.

Il confronto con la stessa scena dipinta dal Cavalier d’Arpino, che avrebbe dovuto essere collocata al posto di quella caravaggesca, evidenzia una diversa composizione, che quindi richiama un differente metodo di analisi.

In “San Matteo e l’angelo”, invece, la metodologia di analisi usata è quella della condensazione: l’angelo rinvia a quello dell’Annunciazione in quanto Matteo inizia il suo Vangelo enunciando tutta la genealogia di Cristo fino all’annuncio lieto dell’arcangelo Gabriele a Maria, quindi avviene la concentrazione di due iconografie in un unico soggetto.

L’intervento di Pamela Gallicchio ha sottolineato l’attenzione di Careriper i dettagli e i gesti rappresentati nelle opere, creando così una sorta di testo nuovo ed originale, adatto a molteplici tipologie di spettatori.

Il libro regala una lente nuova per leggere opere già molto note, perché presenta una visione inedita della tavolozza di colori usati, legata allo spazio, ove l’attenzione che in genere si focalizza sui toni scuri viene deviata su tonalità differenti e meno cupe.

Al suo interno il testo si sviluppa attraversando vari nodi tematici e problematici che ne compongono i capitoli:

  • Lo specchio di Eros che parte dall’analisi di quadri rappresentanti cibi invitanti da gustare non solo con la bocca ma soprattuttocon la vista;
  • Lo specchio di Cristo relativo allo studio di dipinti sacri;
  • L’atto violento che mira alla comprensione attraverso le immagini di come viene rappresentata in esse la violenza;
  • Realismo cristiano, definibile anche come neorealismo, in cui si ritrovano molteplici richiami al cinema;

Il libro – che parte da un confronto con due testi su Caravaggio scritti in Inghilterra – si rivolge ad un pubblico competente ma non propriamente di specialisti.

Tra le opere a cui Careri dedica la propria analisi vi è “L’incredulità di San Tommaso”: in essa il santo protagonista sembra opporre resistenza all’azione che sta compiendo, così come verrebbe naturale fareallo spettatore quando si avvicina inizialmente a quest’opera, mentre è, in qualche modo, “obbligato” a guardare la tela. S. Tommaso, in realtà, non osserva soltanto la piaga del costato di Cristo bensì la sente, trasferendo quasi  la ferita dal toccato al toccante.

In questa immagine la dimensione cromatica dei tre apostoli gioca con le tonalità del rosso, che per intensità si accosta alla concretezza dei corpi: il richiamo è a qualcosa che pian piano si infiamma così come l’animo di San Tommaso a causa della forte esperienza appena fatta. Il colore aiuta l’artista a mostrare all’osservatore le emozioni dei personaggi.

Attraverso questa pratica – sottolinea Careri – al santo viene indicato preventivamente come entrare in Cristo così come, dopo la morte, sarà permesso a tutti i cristiani ma, al contempo, richiama l’idea di una penetrazione a sfondo sessuale.

Rinaldo Censi parla del lavoro di Careri come di un vero e proprio montaggio cinematografico attraverso l’uso delle fotografie che sviluppano un raccontomolto direttoper chi le osserva. Anche molti termini utilizzati dallo storico dell’arte richiamano il linguaggio del grande schermo: “in campo”, “fuori campo”, ecc..

Secondo Rinaldo Censi un momento molto intenso del libro rinvia all’ accostamento fra i testi di Longhi e Warburg con alcuni film di Pasolini, il che consente una lettura molto contemporanea delle opere di Caravaggio.

Longhi sostiene che Bellori, nonostante non fosse un amante di Caravaggio apprezzò molto la “Deposizione di Cristo”, ma la descrisse come un’opera astratta. Per Longhi l’artista dipinge “gli uguali” muovendosi  verso uno stile che rimanda al neorealismo.

Nella monografia su Caravaggio Longhi, infatti, rivede in Nicodemo (il personaggio che sorregge Cristo) un portatore di pesi che usualmente sostava all’angolo di Piazza Navona; in questo soggetto si ritrova il tema della condensazione di più iconografie in un unico personaggio:Nicodemo infatti portava il peso di Gesù come l’uomo della strada porta un qualsiasi altro peso.

Lo stesso fa Pierpaolo Pasolini quando chiede ad un inetto di recitare per il suo film: il richiamo alla critica di Longhi è netto, anche qui il corpo del modello non scompare nelle vesti del personaggio interpretato in quanto la sua personalità è troppo forte.

Pasolini nel 1962 ha girato due film sul tema della “Deposizione di Cristo”: “La ricotta”, dove riprende in modo quasi filologico gli scritti longhiani e “La rabbia” ove il montaggio utilizza  scene di attualità, in quanto per parlarne, sceglie un incidente in miniera che richiama il testo di Longhi.

Per Pasolini è lecito parlare di realismo cristiano: Dio viene umiliato sulla croce per poi poter essere elevato; lo stesso passaggio dal basso verso l’alto si rivede anche nella poetica di Dante e lo si ritrova sottolineato nel volume di Careri a proposito dell’opera di Caravaggio.

Anche ne “La Maddalena” Bellori vede nella donna solo la cortigiana e non riesce a cogliere la sovrapposizione con la figura femminile vissuta al tempo di Cristo che ci propone Caravaggio. Come nell’esempio precedente, il modello continua a prevalere sul personaggio che deve interpretare.

Ne “La morte della Vergine” risulta, invece, di fondamentale importanza la gestualità dei personaggi presenti sulla scena, le cui movenze sono solo in parte tipiche dell’iconografia antica.

Longhi descrive la stanza come un asilo: dall’alto pende un drappo rosso che, per la vivacità del colore, si stacca dal resto della scenae richiama il corpo della Vergine in elevazione verso il Figlio che l’attende in cielo, espediente che consente di capire come intende Caravaggio il rapporto tra trascendenza e immanenza. Anche in altre opere il prevalere della vita sulla morte è visibile, ma sempre rappresentato in maniera non convenzionale.

Lucia Corrain pone un interrogativo: “Cos’è che fa di Caravaggio un pittore sempre di grande attualità?”

Careri afferma di avere difficoltà a rispondere ma che ha provato a farlo, seppur indirettamente, nel libro. La questione va approfondita. Talvolta, infatti, legami apparentemente meno diretti come ad esempio quello con Bellori, Longhi o Pasolini sono più pertinenti di altri osservabili immediatamente.

Prima di concludere Careri presenta un ultimo dipinto che propone di esaminare con l’aiuto del pubblico: “L’immacolata concezione”.

Dopo alcuni interventi l’autoreconclude dicendo che, quando Caravaggio dipinse questa tela, non esisteva alcun precedente iconografico di questo dogma, in quanto non era ancora stato accettato dalla Chiesa in modo univoco, quindi Caravaggio rischia di equiparare Maria al Figlio. Evita tale errore attraverso un espediente: sovrapponendo al piede del Bimbo quello della Madre mentre schiacciano il serpente; insieme i due sono vincitori del peccato, ma la Madre aiuta soltanto il Figlio.

La conferenza si chiude con un lungo applauso della platea, testimonianza dell’interesse che il tema trattato e il modo in cui il dibattito è stato condotto hanno suscitato nel pubblico.