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Federico Zeri in TV

Articolo redatto da Stefano Moscatelli e Alessandra Ciotti per la rubrica collegArti

28 novembre 2018

Federico Zeri in TV

Stefano Moscatelli e Alessandra Ciotti

A vent'anni dalla morte di Federico Zeri la Fondazione che porta il suo nome e il Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna hanno deciso di commemorare l'anniversario della scomparsa del grande maestro con un ciclo di tre incontri al DAMSLab.

Lo scopo della rassegna, curata da Nino Criscenti, è stato quello di riordinare e provare a dar vita al consistente patrimonio di apparizioni televisive che ha avuto come protagonista il maestro romano nello scorso secolo, sottolineandone il ruolo di uomo, storico dell'arte e polemista.

Sono stati protagonisti delle tre serate Anna Ottani Cavina, Andrea Bacchi e Tomaso Montanari.

 

Il primo appuntamento, in data 24 Ottobre, si è intitolato «Federico il Grande» e ha visto come introduttrice dell'incontro la Presidentessa onoraria della Fondazione Zeri, Anna Ottani Cavina. Il tema centrale nel suo racconto, a tratti commosso e impregnato di una sincera ammirazione nei confronti di Zeri, è stato quello di provare ad inquadrare l'uomo-Zeri.

Celebre per il suo carattere, definito spesso eufemisticamente «non facile», Federico Zeri ha svolto per tutta la sua vita, come ha ricordato l’Ottani Cavina, il ruolo di «outsider»; egli è stato definito da quest’ultima come un uomo che ha avuto un ruolo di assoluta centralità nella cultura italiana, pur non essendo mai stato considerato adeguatamente.

Formatosi nella fucina longhiana, nonostante fosse stato allievo all'Università di Pietro Toesca, Federico Zeri ha rappresentato l’emblema del critico d’arte poco amato e ricercato in patria ma che ha trovato grande fortuna, e soprattutto grande fama, all'estero. Proprio questo rapporto tormentato con l'Italia e le sue istituzioni ha rappresentato una vicenda biografica di lacerante importanza nella sua esperienza.

È nella mancata realizzazione professionale in patria che si consumò, secondo Zeri, lo scontro con il suo maestro, Roberto Longhi, accusato a più riprese – nella splendida intervista di Ludovica Ripa di Meana intitolata Una vita con tanti Zeri – di aver frenato spesso la sua carriera a causa di un timore recondito per il suo talento di attribuzionista. Nell'intervista, proiettata dopo l'introduzione di Anna Ottani Cavina, lo stesso Federico Zeri prova a sdoppiarsi parlando da storico e da «scienziato», senza dimenticare la propria dimensione di uomo e soffermandosi su profonde riflessioni riguardo coloro che l'hanno circondato nella sua esistenza. Nel j'accuse la lista è lunga: si va dalle critiche a Roberto Longhi, a quelle mosse ad Anna Banti, descritta come donna possessiva e invidiosa della fama del marito, fino a “coloro che tenevano i piedi in due staffe durante il fascismo”, una chiara e tutto sommato neanche troppo velata accusa a Giulio Carlo Argan, per finire all'acerrimo nemico, Cesare Brandi.

Tuttavia sarebbe stato ingeneroso e sbagliato raccontare soltanto questo Zeri, così la testimonianza di Anna Ottani Cavina ha voluto comprendere anche l'importante eredità culturale e materiale lasciata da quest'ultimo: quella materiale, costituita dalla villa di Mentana - vegliata dalle sfingi appartenute al principe Torlonia e ispirata alla maestosità di Villa I Tatti - caratterizzata dalla immensa biblioteca correlata dalla fototeca in seguito donate alla Fondazione a lui dedicata, fino alle collezioni di sculture e dipinti ceduti rispettivamente all'Accademia di Belle Arti di Carrara e al Museo Poldi Pezzoli di Milano. L’eredità culturale dell'uomo-Zeri, oscurata dal suo carattere forte e scontroso, a volte, forse troppo spesso, irrequieto e polemico, altre gentile e premuroso soprattutto con i più umili, vive, invece, nelle testimonianze e nei racconti, in ciò che - come diceva Francis Haskell - “riusciamo a disseppellire dal passato in modo da riportarlo alla vita nella misura del possibile”.

Nei suoi testi, nelle sue attribuzioni e anche nelle sue scelte troviamo, invece, il suo profilo critico, a nostro parere mai scindibile dalla sua statura squisitamente umana.

 

Il protagonista del secondo appuntamento, che ha avuto luogo il 21 Novembre, è stato il  Direttore della Fondazione Zeri, Andrea Bacchi.

Il titolo dell'incontro, «Io sono il re dei quadri», prende il nome da un articolo che Federico Zeri firmò nel maggio 1984 per Panorama Mese. Andrea Bacchi ha posto l'accento sul ruolo di conoscitore di Federico Zeri, portando il discorso nel cuore dell'attività professionale e anche didattica del critico. Il grande ruolo di Zeri, soprattutto al di là dei confini italiani, è stato proprio quello di consulente e di esperto di opere d'arte; tra i collezionisti e gli antiquari da lui consigliati si trovano i nomi di alcuni degli uomini più potenti e ricchi del XX secolo: Paul Getty, Alessandro Contini Bonacossi, Vittorio Cini, Gianni Agnelli.

Andrea Bacchi ha illustrato la carriera di Zeri conoscitore partendo dal suo rapporto con Roberto Longhi, suo maestro, e con Bernard Berenson, di cui era amico, fino a narrare delle vicende dei primi cataloghi, licenziati in parte ancora durante gli anni di attività come funzionario pubblico prima della Galleria Spada (1952) e in seguito della Galleria Pallavicini (1959). Dopo questa esperienza Zeri si trasferì all'estero per alcuni incarichi professionali: al Metropolitan Museum di New York, dove catalogò i dipinti italiani – editi in quattro volumi tra gli anni Settanta e Ottanta - e in seguito alla Walters Art Gallery di Baltimora (1976).

È proprio nell'articolo «Io sono il re dei quadri» che Zeri raccontò cosa volesse dire per lui essere un conoscitore: “…. penso che sia molto importante riuscire a visualizzare gli artisti del passato: anzi, direi che è essenziale riuscire a entrare nella psicologia degli artisti, avere bene in mente un registro delle loro possibilità espressive”. Per un Longhi che - come ricorda Giulio Briganti ne La giornata di Longhi - chiedeva ai suoi alunni di stare lontano dall' “enigmistica metafisica” cioè dall'iconologia che rappresentava “le vere tentazioni con cui il diavolo, il Grande Metafisico, nemico giurato della relatività, tormentava e fuorviava, in quegli anni e in quelli immediatamente successivi, i poveri chierici inducendoli ai famosi tradimenti”, c'era uno Zeri secondo il quale era necessario per un buon conoscitore applicare perfino la parapsicologia e ricorrere all'inconscio. E così i “pezzi mancanti” delle opere che tormentavano Zeri - come nel caso della cuspide di un crocifisso di Giotto, attribuita mediante una fase di trance nella notte - si materializzavano perfino nei suoi sogni notturni.

Al termine dell'intenso racconto di Andrea Bacchi, sono stati proiettati due filmati che hanno avuto il compito di ‘snocciolare’ il metodo di Zeri-conoscitore: il breve video dedicato al Trono Ludovisi, nella celebre querelle portata avanti da Zeri che lo riconosceva come opera di un falsario e la testimonianza dell'acutezza del suo occhio all'interno della serie delle Interviste del Louvre con Pierre Rosenberg.

 

Il costante impegno di Federico Zeri nella tutela del patrimonio artistico è stato il filo conduttore dell’ultimo incontro, «Meno male che c’è stato Napoleone», tenutosi mercoledì 28 novembre. La tematica è stata sottolineata in apertura da Andrea Bacchi, che ha inoltre ringraziato Nino Criscenti – presente in Auditorium – per il fondamentale lavoro documentaristico da lui condotto insieme a Zeri.

Tomaso Montanari ha fatto precedere il proprio intervento dalla proiezione di un breve estratto di Ricordi bombardati (Rai 3/1993, TGR Bell’Italia), documentario che rendeva note le pessime condizioni ancora nel 1993 della Collegiata di San Quirico d’Orcia (Toscana) e dell’adiacente Palazzo Chigi Zondadari – luoghi particolarmente cari a Zeri – danneggiati da un bombardamento del 1944.

Il contributo di Tomaso Montanari ha messo in luce la natura spesso controversa delle prese di posizione di Zeri – gli scontri con Antonio Cederna, Cesare Brandi e Giulio Carlo Argan, o «l’allergia» nei confronti dell’ambiente accademico – rievocando inoltre il suo esempio di partecipazione attiva al dibattito contemporaneo su questioni spinose come il progetto di distruzione del Vittoriano a Roma, idea giudicata da Zeri “vana ed estetizzante”. Montanari ha infatti più volte affermato l’importanza che potrebbe avere la «voce» di storici dell’arte – come quella di Zeri, «non conforme» e da «cane sciolto» – che troppo spesso decidono invece di farsi da parte. La «romanità» di Zeri è stata richiamata come base fondativa della sua visione di un patrimonio vissuto nel quotidiano, mai come mero sfondo. Aleggiava però su tutto il suo pensiero una profonda amarezza per la precarietà di una cultura storico artistica poco o nulla insegnata nelle scuole e alle nuove classi dirigenti, e lo sdegno nei confronti della «retorica della macchina culturale», per Zeri legata all’idea di “valorizzazione economica” e di “bene culturale”. Concetti confermati dal titolo della conferenza, citazione che dà il merito – in tono tragicomico – alle tanto odiate requisizioni napoleoniche di aver salvato dalla disgrazia opere che in Italia non saremmo stati in grado di conservare. Un’Italia incapace e indifferente emerge anche dal carteggio privato tra Federico Zeri e Giulio Andreotti, nel quale lo storico dell’arte auspicava addirittura un’“amministrazione anglo-franco-tedesca” in grado di agire efficacemente dove necessario.

Dopo l’intervento di Tomaso Montanari sono stati presentati altri filmati. In La burla di Livorno (Rai 1/1984, Speciale TG1) – riguardante il ritrovamento nel 1984 di teste scultoree attribuite a Modigliani, rivelatesi poi essere opera di alcuni studenti universitari – Federico Zeri ha colto l’occasione per ribadire l’importanza dell’occhio del conoscitore, unico vero mezzo affidabile di attribuzione e riconoscimento in opposizione alle perizie tecniche. Hanno fatto seguito alcuni frammenti di Battaglie per la tutela (da Zeri Doc di Nino Criscenti, Accademia Carrara/2008), nei quali lo storico dell’arte denunciava gli effetti dell’incuria e l’impossibilità di fruizione da parte del pubblico di numerosi beni di grande interesse. Infine è stato proiettato Non solo Assisi (Rai 2/1997), in cui Zeri e Criscenti sono stati immortalati mentre attraversavano nel 1997 le zone terremotate di Umbria e Marche evidenziando i duri colpi subiti da molti centri grandi e piccoli; l’inchiesta terminava con alcune riflessioni sul futuro della Basilica di San Francesco ad Assisi.

Il ciclo di eventi, arricchito dalle testimonianze audiovisive e da quelle personali di Anna Ottani Cavina, Andrea Bacchi e Tomaso Montanari, ha consentito di mettere in luce la presenza ancora fortemente attuale e viva di Federico Zeri nel panorama culturale italiano ed internazionale, raccogliendo un folto pubblico di studenti, di curiosi e cittadini.