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Giotto, o la bellezza nello spazio

Articolo redatto da Mattia Giacomel per la rubrica collegArti in occasione dell'incontro con Pier Paolo Tamburelli nel contesto de "I mercoledì di Santa Cristina"

13 marzo 2019

Giotto, o la bellezza nello spazio

Mattia Giacomel

Nell’Aula Magna del Dipartimento delle Arti il 13 marzo ha avuto luogo il settimo degli incontri previsti per la rassegna “I mercoledì di Santa Cristina”, condotto da Pier Paolo Tamburelli, architetto e cofondatore dello Studio di Architettura Baukuh, e coordinato da Anna Rosellini. Tamburelli ha esposto il suo saggio, Giotto, or Beauty in Space, dopo avere illustrato i precedenti progetti di ricerca dedicati a Bramante e alla Casa Della Memoria.

Anna Rosellini ha introdotto Pier Paolo Tamburelli e il suo studio di architettura spiegando come i suoi membri abbiano rivolto il loro interesse verso l’unitarietà tra progetto, storia e aspetti teorici, così da individuare nuovi principi per operare nella contemporaneità. A questo proposito un’opera esemplare è la Casa Della Memoria a Milano, costruita tra il 2013 ed il 2015, pensata come un’architettura in dialogo con la memoria collettiva dei cittadini e della città stessa, mentre i materiali che ne rivestono la facciata richiamano la tradizione lombarda. Paraste e architravi formano dei riquadri in cui sono collocate delle immagini realizzate con l’uso di mattoni di sei colori diversi, ottenendo otto scene storiche nel registro superiore e undici ritratti in quello inferiore.

Pier Paolo Tamburelli ha poi presentato il suo progetto di ricerca su Bramante. Sabba da Castiglione ci riporta che Bramante fu allievo di Andrea Mantegna, e che nella bottega dello Squarcione si confrontò con il tentativo di declinare l’arte astratta di Piero della Francesca verso un interesse più concreto per la contemporaneità dei fenomeni cittadini.

Nella Pinacoteca di Brera è presente un affresco di Bramante che rappresenta Eraclito e Democrito, dietro ai quali si celerebbero Leonardo (Eraclito piangente) e Bramante stesso (Democrito ridente). Si ipotizza che la figura di Bramante sia un autoritratto e, se dovesse essere così, è da ammettere una sua evidente attitudine all’autoironia.

Dopo queste tematiche, Pier Paolo Tamburelli ha introdotto i suoi studi sugli affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi e nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Ponendo l’accento sulla controversia ancora oggi viva tra chi gli attribuisce gli affreschi che raccontano le Storie di san Francesco ad Assisi, e chi non li ritiene di sua mano, è certo da ricordare che c’è unanimità nel riconoscere che il cambiamento nel linguaggio pittorico si ha successivamente a tale ciclo; dunque, dire che Giotto non ne è l’autore è come negare che sia il padre di uno dei più profondi rinnovamenti del linguaggio artistico moderno. Tamburelli ritiene che lui ed il Maestro di Isacco, nome cui sono attribuiti altri lavori presso il cantiere, siano da identificare con due pittori diversi: quest’ultimo sarebbe più sensibile, mentre il primo più incline ad uno stile rozzo e avrebbe visto nel Maestro di Isacco una ‘possibilità’ dalla quale partire per sviluppare le novità nella pittura.

Le Storie di san Francesco sono state dipinte nella seconda metà del Duecento, temporalmente non lontane dalle vere e proprie vicende di cui narrano, poiché Francesco è morto nel 1226: Giotto avrebbe quindi dipinto una realtà a lui molto vicina. Si trovò ad affrescare scene nelle quali raffigurò la sfera divina - dato che i miracoli legati al poverello di Assisi trascendono le leggi mondane - facendola percepire dietro la rappresentazione di ambientazioni quotidiane, come ne la scena de l’Omaggio dell’uomo semplice nella quale già ai contemporanei era possibile riconoscere la piazza di Assisi tra il Palazzo comunale e il tempio di Minerva e nella gestualità umana.

Giotto riteneva fondamentale il ruolo dell’architettura quale strumento funzionale allo svolgersi e alla narrazione delle Storie, sia ad Assisi che a Padova: poiché ogni scena presenta un episodio diverso, anche l’architettura deve essere in grado di ospitare figure, gesti e contesti differenti. Tamburelli ha fatto l’esempio del Tempio di Gerusalemme in due scene della Cappella degli Scrovegni: la Cacciata di Gioacchino dal Tempio e la Presentazione della Vergine. Nella prima il Tempio diviene una sorta di recinto, mentre nella seconda una scalinata. O per meglio dire, il Tempio è sempre lo stesso ma i punti di vista diversi con cui viene rappresentato ne modificano apparentemente la struttura. Tra i muri e le figure di Giotto, di norma, non vi è proporzionalità, perché l’architettura è concepita come una macchina che le sforza e le costringe dentro degli spazi guidandone i gesti. Nella Cacciata di Gioacchino dal Tempio i due personaggi posti all’interno dell’edificio sono compressi in un piccolo spazio dentro al quale devono vivere e deve svolgersi il gesto della benedizione, che quasi sembra soffocato per la poca libertà di movimento che il braccio e la mano del sacerdote hanno a disposizione.

Giotto, or beauty in space, il titolo della conferenza, credo abbia voluto sottolineare il dono che questo pittore aveva nel far vivere - nei luoghi da lui creati - figure, edifici e natura bellissimi; i suoi personaggi, a differenza di quelli degli artisti precedenti, sono concreti, vivono in uno spazio che si può percorrere, dialogano fra di loro e gesticolano proprio come se fossero mossi da affetti e sensazioni; le sue architetture, inoltre, sono basate su di una prospettiva corretta, seppur intuitiva. Giotto ha dipinto la bellezza nello spazio, uno spazio nuovo perché tangibile, transitabile e dotato di profondità.

L’incontro è stato molto interessante, in quanto ha introdotto il pubblico ad una visione e ad una analisi di tipo nuovo, non tanto diretta ad approfondire gli aspetti stilistici - già a lungo indagati dalla critica - quanto piuttosto a mettere in luce il valore espressivo che gli ambienti architettonici hanno per la pittura di Giotto, divenendo essi stessi soggetti protagonisti insieme alla natura e agli uomini.

Immagine: Giotto, Cacciata di Gioacchino, Padova, Cappella Scrovegni, 1303-1305.