Vai alla Homepage del Portale di Ateneo Laurea Magistrale in Arti visive

Giovanna Ricotta: dagli albori alla maturità. Storia di un percorso artistico

Articolo redatto da Alice Moroni per la rubrica "collegArti" in occasione dell'"Artist talk" con Giovanna Ricotta, a cura della professoressa Silvia Grandi.

22 marzo 2018


Giovanna Ricotta: dagli albori alla maturità. Storia di un percorso artistico 

"Artist talk"

Alice Moroni

Il 2 ottobre 1992 apre la mostra Post Human a cura di Jeffrey Deitch. Tappa essenziale nell’evoluzione dell’arte contemporanea/post-moderna, questa esposizione ridefinisce alcuni dei concetti centrali nel mondo dell’arte dalle seconde avanguardie in poi, primo tra questi la nozione di corpo. Un corpo che, dalla fine degli anni Ottanta, deve relazionarsi con una società ormai divenuta totalmente massmediologica, in cui sono le immagini a dominare, costruendo una rappresentazione idealizzata della realtà, così come idealizzato è il modello di corpo che si impone. Non basta più che esso sia giovane, bello e atletico, deve esserlo oltre la struttura biologica, che non costituisce più un limite, ma può essere costantemente migliorata attraverso l’uso di protesi tecnologiche. La natura umana viene superata, scompare, lasciando spazio alla nuova post-umanità.

E’ da questo scenario che emerge, nel 1997, Giovanna Ricotta – savonese di nascita e milanese d’adozione – con la sua prima performance, Coperta, che inaugura un percorso artistico in costante divenire. Proprio di questa evoluzione ha parlato l’artista il 22 marzo 2018 nell’Aula Magna di S. Cristina, invitata da Silvia Grandi, con la quale ha collaborato per la curatela di alcuni dei suoi più recenti progetti (Non sei più tu, 2015; Falene, 2012; Fai la cosa giusta, 2010).

Se il percorso di Ricotta si inaugura con lavori performativi forti, in cui il corpo è il vero protagonista della ricerca estetica dell’artista (vedi Prossima Apertura GR e Cena Virtuale, entrambi del 1998), evolvendosi esso comincia ad inglobare nuovi media – il video, la fotografia, il design – fino a raggiungere una completezza formale che porta le sue opere ad essere veri e propri “lavori multimediali”, caratterizzati da una forte interdisciplinarietà.

Le ricerche più recenti di Giovanna Ricotta sono connotate da una scrupolosa progettazione: l’artista studia con attenzione ogni singolo elemento che andrà a comporre l’opera finale, in cui gli oggetti presenti nell’installazione, l’atto performativo in sé e il lavoro di postproduzione sono complementari e rivestono ruoli ugualmente pregnanti. Quelle di GR non sono più performance in senso stretto, ma lavori mirati a superare l’hic et nunc dell’evento, a cristallizzarlo, divenendo vere e proprie esposizioni di se stesse. Così come la situazione performativa è preceduta da uno studio accurato e minuzioso, che vede l’artista intenta a progettare uno a uno gli oggetti-corpi che compongono l’impianto della messa in scena, ad essa segue la creazione di un prodotto, il video, il quale diviene una sorta di “performance alla seconda”, volta a conservare ciò che altrimenti svanirebbe nel qui e ora, mentre i corpi creati dall’artista vanno a comporre una vera e propria installazione. Tutto è studiato, calibrato, non vi è nulla che viene lasciato al caso.

Con la maturità artistica, dunque, si assiste a una sorta di inversione di marcia: l’animo giovane ed esplosivo di Giovanna Ricotta si placa, come per effetto di una sorta di implosione, che non la porta però a rinchiudersi in se stessa, ma fa emergere la parte più introspettiva e concettuale della sua personalità, quella rappresentata dalla geisha di Fai la cosa giusta.

Dalla seconda metà degli anni Duemila i lavori di Ricotta si fanno più critici, si caricano di autocitazioni che li rendono immediatamente riconoscibili. Quella che viene ricreata è un’atmosfera fantastica e surreale, in cui il bianco è il colore dominante. Le situazioni più violente ed aggressive delle opere giovanili (vedi Ring, 2002) vengono abbandonate per lasciare spazio a un clima di sospensione, dove un bianco ricco di trasparenze, riflessi e cangiantismi crea una patina sublimante.

La citazione sportiva diviene regola: il golf, il salto con l’asta, la danza classica diventano metafore di un sistema fortemente strutturato, in cui la performance viene assunta come disciplina, per la cui riuscita sono essenziali un attento studio e un duro allenamento; teatralità e caso vengono ineluttabilmente esclusi, lasciando posto a una sorta di processualità scientifica che deve essere seguita dall’artista-atleta.
Tutto si compone come in un rituale: i movimenti sono lenti, le pose studiate, ogni azione si carica di forti significati.

Gli oggetti vengono inclusi nei lavori con un protagonismo crescente, non in qualità di ready-made, ma come vere e proprie opere forgiate dalle mani di un artista demiurgo. Essi non solo sono funzionali all’allestimento performativo, ma, assieme alla produzione multimediale, rappresentano una testimonianza costante dell’evento artistico. Conservati ed esposti sono pronti e rievocare ripetutamente ciò che altrimenti svanirebbe nella natura effimera della performance.

Dopo più di vent’anni di sperimentazioni, Giovanna Ricotta è ben consapevole che il suo è un percorso artistico in costante evoluzione e che il proprio lavoro non può far altro che crescere e trasformarsi insieme a lei. Raggiunta la piena maturità con Fai la cosa giusta, in cui “dà vita ad un’azione precisa”, frutto di un addestramento decennale, “per arrivare ad una meta: fare la cosa giusta”, l’artista è pronta ad affrontare la metamorfosi di Falene. Opera cruciale per la crescita di Ricotta, in essa la protagonista si spoglia letteralmente e metaforicamente delle vesti del passato, alla ricerca di una libertà che non era riuscita a raggiungere con Go fly e C’è bisogno di un caos interiore per generare una stella danzante. L’artista, abbandonato in via definitiva il proprio bozzolo, è ora pronta ad assumere il suo aspetto definitivo. Questo rituale di addio si conclude con la creazione dell’urna di Non sei più tu, il cui titolo testimonia chiaramente l’intento di Ricotta di lasciarsi alle spalle un Io ormai superato. Quest’urna funeraria – creata appositamente per la performance attraverso l’uso di una stampante 3D – si fa ospite in modo emblematico delle ceneri dell’artista, grigia grafite, e sancisce la fine di un percorso, una sorta di abbandono del corpo e del suo uso come medium. Le stesse ceneri vengono riesumate nel maggio 2016, utilizzate per la costruzione di un’ultima azione che segna il ritorno a un’espressività primigenia. “‘Sono costretta a tornare indietro per andare avanti’ è la frase di Ricotta che racchiude il senso dell’azione e complessivamente di tutto il lavoro Non sei più tu”.

Conclusa questa fase della sua progettazione, l’artista si dichiara pronta a procedere verso un altro tipo di sperimentazione, ancora indefinita per Giovanna stessa, di cui l’amore e il concetto di “siamesità”, in elaborazione presso l’artista, saranno i nuovi protagonisti.