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Presentazione del libro “Lorenzo Lotto: Il libro di spese diverse” di Francesco De Carolis

Articolo redatto da Filippo Antichi per la rubrica "collegArti" in occasione della presentazione del volume a cura di Francesco De Carolis.

5 aprile 2018


Presentazione del libro “Lorenzo Lotto: Il libro di spese diverse” di Francesco De Carolis

Filippo Antichi

A volte è incredibile scoprire come un'ulteriore ricerca su un documento già ampiamente studiato di un pittore molto noto possa rivelare aspetti inediti della realtà che conosciamo. Un'occasione di questo genere ci viene oggi fornita dall’edizione del Libro di spese diverse di Lorenzo Lotto, curata da Francesco De Carolis, la quale ci offre nuovi spunti attraverso cui indagare l'attività di un artista così sfuggente rispetto alle correnti più tradizionali della storia dell'arte. Questa pubblicazione è stata presentata lo scorso 5 aprile alla Fondazione Zeri per il consueto ciclo di incontri primaverili in biblioteca, dove il curatore - la storica Ottavia Niccoli - e Enrico dal Pozzolo, esperto di pittura veneta del Cinquecento, hanno instaurato un dibattito che mirava ad osservare la figura del pittore veneziano secondo molteplici punti di vista.

Andrea Bacchi ha presentato gli ospiti per poi lasciare il pubblico alle loro parole. Ottavia Niccoli ha lodato la qualità della trascrizione e redazione finale del saggio, e ha fornito una contestualizzazione storica del Libro di spese diverse tenuto da Lotto negli ultimi quindici anni della sua vita. Si tratta di un libro che annota le spese secondo il principiodella partita doppia, organizzato a rubrica in ordine alfabetico secondo il nome di battesimo (l'uso dei cognomi non era infatti formalizzato al tempo) dei creditori e dei debitori, su fronte e retro della stessa pagina, una per il dare e una per l'avere. Questa pratica era tipica dei mercanti veneziani, che seguivanoil criterio descritto da Luca Pacioli alla fine del secolo precedente. Già qui è possibile vedere come il Libro non si occupi della vita intima dell'artista, sullo stile del Diario di Pontormo, e neanche sia una Ricordanza o un Libro di Famiglia, su cui i notabili erano soliti scrivere ricorrenze famigliari e cittadine accanto alle importanti spese sostenute. Questo è un documento principalmente mercantile e tecnico, in cui l'artista mette una parte di sé commentando la più o meno assennata “giustizia e ragione” dei prezzi pattuiti per le sue opere, frutto di “diligenza e fatica”, per usare le sue stesse parole.

Da questi termini emerge un'etica professionale più facilmente accostabile a quella di un mercante o di un borghese, piuttosto che di un cortigiano. Lotto infatti dipinge per una classe sociale medio alta, non per le corti come tanti suoi contemporanei, e nel farlo ha piena coscienza di esserne parte. La sua pittura è un lavoro che rientra nella prima produzione di beni di consumo della nascente società borghese, e lo stesso artista non è immune al fascino degli oggetti preziosi come gioielli e tappeti, che poteva vedere esposti frequentando il porto di Ancona o la Fiera di Recanati. Da questa nuova edizione del Libro, Lotto emerge come artista del suo tempo, perfettamente inserito nel sistema, tuttavia senza che ciò vada a scalfire totalmente l'immagine del genio inquieto, animato da una profonda sensibilità religiosa, che si è andata consolidando nell'ultimo secolo.

Proprio su questo punto ha insistito Enrico Dal Pozzolo, dopo aver illustrato il percorso formativo di Francesco De Carolis, svolto tra le Marche, Siena e Bologna. Lo storico dell'arte ha evidenziato come il Libro sia stato interpretato in modo diverso dalla critica nel corso della sua storia recente. Riscoperto nel 1892 mentre Bernard Berenson lavorava alla prima monografia sull'artista, la prima trascrizione fu pubblicata da Adolfo Venturi nel 1895. Del Libro poi si persero le tracce per sessant'anni, fino alla riscoperta di Pietro Zampetti, che ne pubblicò un'edizione critica nel 1969. Questi studiosi si dimenticarono di leggerlo come documento mercantile e si limitarono a usarlo solo per estrapolare dati sull'artista, in un'ottica venata dal decadentismo di cui erano figli: Lotto, infatti, affascinava in quanto artista negletto e incompreso dalle piazze importanti, un libero genio ramingo in zone periferiche dove lasciò capolavori nel suo stile personalissimo.

Da questa nuova edizione emergono anche questioni affrontate solo marginalmente in precedenza, come il fatto, già notato da Francesca Cortesi Bosco, che il Libro non conserva memoria di tutte le opere licenziate in quel periodo, in quanto spesso esse venivano semplicemente donate e quindi non rendicontate, come la Sacra Famiglia passata in asta a Parigi e ora di ubicazione ignota, ascrivibile - su base stilistica - alla fase tarda del pittore, e ricondotta ai destinatari grazie agli stemmi rappresentati sul retro, ma non citata nelle spese.

Sostenuto da queste introduzioni, Francesco De Carolis ha dunque illustrato i risultati metodologici emersi da questa nuova trascrizione, che ha rispettato in tutto l'originale organizzazione in partita doppia. Al testo fanno seguito indici e apparati compilati dallo stesso curatore col proposito di fornire un'edizione di riscontro del documento. Tuttavia De Carolis ha anche mostrato alcune conclusioni che si possono trarre dalla sua lettura, sottolineando, ad esempio, come l'uso della partita doppia organizzata in rubrica da parte di un artista dimostri la sua razionalità, in quanto evidenzia il capitale materiale della bottega del pittore, che continua ad annotare le piccole spese anche dopo aver chiuso l'attività ed essersi fatto oblato nel Santuario della Santa Casa di Loreto, come dimostrano le note riportate sotto la lettera M, proprio alla voce “Maria di Loreto”. Dal Libro si può notare che spesso Lotto usava i generi artistici per fidelizzare la clientela: i ritratti dunque venivano pagati meno, perché presumeva, o quanto meno sperava, che essi fossero la porta di accesso a commissioni più importanti e dunque meglio pagate. I tre studiosi hanno a questo punto sollevato un interessante quesito sui criteri di somiglianza nel XVI secolo: cosa volevano vedere in un ritratto gli uomini e le donne dell'epoca? Ottavia Niccoli ha subito messo in campo il concetto di somiglianza gratificante, secondo cui il ritratto doveva riprodurre il soggetto in un modo che piacesse allo stesso ritrattato, pur rispettandone i connotati. Lotto spesso non coglieva l'aspetto che il personaggio voleva vedere riprodotto, in quanto troppo fedele alla realtà che si trovava davanti. Egli, infatti, anche nel ritrarre gli uomini, si pose come fine ultimo il concetto di Giustizia, traducibile in questo caso come fedeltà al reale: e lo stesso principio lo guidava nei suoi affari rendicontati, perché, da uomo borghese quale egli era, non sopportava di vedere la fatica e il lavoro sprecati. Per questo il pittore sviluppò interesse in una cultura principalmente neo-stoica, come dimostra il possesso della biografia di Marco Aurelio e il quadro conservato a Loreto rappresentante La Fortuna avversa vinta dalla Fortezza. La cattiva sorte si può dunque domare, e questa è una credenza tipica degli uomini pragmatici e razionali.

In conclusione a questo dibattito è intervenuta Francesca Coltrinari, studiosa del periodo marchigiano di Lorenzo Lotto, la quale ha lodato la nuova edizione del Libro, dato che esisteva un facsimile pubblicato nel 2003, ma privo degli apparati di ricerca. Ha dunque osservato, in appendice all'intervento di Dal Pozzolo come Lotto in realtà scrivesse spesso nel Libro anche quando produceva eventuali quadri-dono. Ma, come ha risposto De Carolis, il pittore appuntava le spese dei doni quando egli stesso spendeva effettivamente denaro nel produrli, attraverso l'acquisto dei materiali: un esempio su tutti sarebbe a tal proposito il Cristo in gloria del 1543, oggi a Vienna; poiché il quadro venne rifiutato dal committente, Lotto, nel riaverlo, gli donò una tavoletta vuota così da poter compensare il valore materiale dell'opera.

La presentazione del libro si è dunque configurata come un momento di riscoperta e ri-presentazione dell'attività di un artista noto al pubblico come un genio incompreso e quasi maledetto, ma che, invece, grazie a questa rilettura dei documenti, si dimostra uomo calato perfettamente nel suo tempo. Non è che l'ulteriore evidenza di come questi incontri siano preziosi per ampliare la visione generale della storia dell'arte sia degli studenti sia dell'interessato pubblico, testimonianza della realtà della “terza missione” svolta in Santa Cristina.