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Tra scienza, storia e tecnologia: lavorare al Museo del Patrimonio Industriale

Articolo redatto da Dessislava Iordanova per la rubrica collegArti in occasione dell'incontro con Annalisa Bugini e Alessio Zoeddu nel contesto del ciclo de "I mestieri dell'arte a Bologna".

01 marzo 2019

Tra scienza, storia e tecnologia: lavorare al Museo del Patrimonio Industriale

Dessislava Iordanova

Il primo di marzo in Aula Magna, nel Complesso di Santa Cristina, si è svolto l'incontro organizzato da Sandra Costa per il ciclo "I mestieri dell'arte", che ha offerto una stimolante occasione per potersi avvicinare alle professioni di mediazione e comunicazione all'interno del mondo dei musei, soprattutto di quella "categoria" che meno viene presa in considerazione dal pubblico perché appare una realtà lontana dall'immagine canonica che si ha di queste istituzioni.

Parlo dei musei di storia della scienza e già l'ultima parola potrebbe suscitare perplessità, in quanto a tutt'oggi il tipo di istituzione museale universalmente riconosciuto come "il solo e unico vero museo" è quello d'arte. Forse proprio per un atteggiamento stereotipato che persiste si rendono necessari incontri come questo, rivelatosi più che stimolante grazie alla partecipazione di Annalisa Bugini e Alessio Zoeddu.

Entrambi lavorano al Museo del Patrimonio Industriale di Bologna e questo li accomuna, anche se il loro background di formazione è totalmente diverso, quasi agli antipodi. Annalisa Bugini è laureata in fisica e specializzata in didattica e storia della fisica, mentre Alessio Zoeddu è laureato al DAMS e specializzato in storia dell'arte moderna a Bologna. Due realtà di studio che possono diventare complementari, ognuna con la capacità di colmare le lacune e "i punti deboli" dell'altra, e soprattutto entrambe unite verso un obiettivo comune: la valorizzazione del patrimonio del museo, in questo caso ottenuta attraverso il "far parlare le macchine".

Il loro intervento non è stato solo il racconto della storia del museo (nascita, sviluppo e crescita), ma si è focalizzato specialmente nel cercare di dare una personale testimonianza riguardo alle questioni pratiche quotidianamente affrontate: la modalità di gestione delle relazioni interne e anche quelle con gli stakeholders esterni, come e perché vengono scelte alcune macchine piuttosto che altre per entrare a far parte del patrimonio museale, quale specifico approccio comunicativo viene preferito per i diversi pubblici (bambini delle elementari, ragazzi delle medie, adolescenti delle superiori e anche persone della terza età) e quali difficoltà si presentano proprio per l’eterogeneità dell'utenza.

Hanno anche raccontato delle sfide e delle difficoltà più pratiche, come il doversi confrontare con budget limitati, il che per la didattica implica la necessità di dover sfoderare una creatività ed elasticità mentale che possa sopperire alle limitatezze materiali. Questa abilità è distribuita sulle spalle di un team interdisciplinare con laureati in materie che spaziano dalla chimica alle scienze naturali, dalla storia all'astronomia.

Nel corso dell'incontro e nonostante i diversi temi trattati, non c'è stato un solo momento in cui Annalisa Bugini e Alessio Zoeddu non abbiano manifestato il loro entusiasmo e la loro passione per quello che stanno facendo all'interno del museo. Una dedizione che va oltre il semplice obbligo professionale al lavoro quotidiano, per diventare un indubbio segnale della loro passione e del loro rispetto per il Museo del Patrimonio Industriale, proprio perché hanno la possibilità - e la volontà - di viverlo ogni giorno.

E forse è questa la chiave giusta per poter aprire la porta del museo (forse di tutti?) ed entrare in un mondo non più statico, nozionistico e "polveroso", ma sempre più dinamico e in dialogo con il territorio culturale che lo circonda. Visitarlo tante volte quanto è possibile, sperimentando il confronto con tutte le sue svariate sfaccettature, dalla famosa Lamborghini all'automazione meccanica per le bustine del tè che tutti abbiamo usato almeno una volta, ma soprattutto apprezzare le tante storie che sa raccontare sulla creatività degli uomini che vivono un luogo.

Ancora una volta questo tipo di incontri con professionisti impegnati in ambito storico artistico ha portato in evidenza alcuni elementi ricorrenti: l'impegno e la passione come radici imprescindibili di ogni attività e la necessità di saper uscire dai confini definiti dal percorso di studi prescelto per confrontarsi con problematiche eterogenee, ma tutte concorrenti alla formazione di un profilo professionale completo.